Eppure a giudicare intenso, sì, ma tutt’altro che positivo il lavoro su questa legge sono stati gli stessi parlamentari, e di tutti gli schieramenti. Il fatto che la Camera abbia inviato il 9 ottobre al Senato un testo che scadeva il 14 ha fatto sì che i senatori pasticciassero terribilmente, per loro stessa ammissione. Il presidente della commissione Giustizia Francesco Nitto Palma (Pdl) ha parlato di “errori” nel testo, la presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro (Pd) ha invece criticato “la presenza di norme disomogenee” nel decreto legge “in violazione dei principi della Costituzione”. I senatori Cinque Stelle, più pittoreschi, hanno parlato di “fritto misto”. Sel ha protestato per le altre norme inserite nel dl e che nulla hanno a che vedere con la violenza sulle donne mentre Scelta Civica ha parlato di un decreto che “non ci risparmia dall’imbarazzo della sua eterogeneità”.
Ma che combinano in Parlamento? Varano in pompa magna norme scritte frettolosamente e definite dai parlamentari stessi, come abbiamo visto, “errate”, “disomogenee”, “anticostituzionali”, “imbarazzanti”?
E poi perché tutta questa fretta? Forse perché il femminicidio è un’emergenza e il suo contrasto non può aspettare. Ora, beninteso, la violenza sulle donne è un crimine abietto che va condannato moralmente e combattuto legislativamente con la massima forza. Il carattere emergenziale del fenomeno, tuttavia, resta ancora tutto da dimostrare.
I dati delle Nazioni Unite per il 2011 (Global study on homicide) evidenziano che in Italia le donne assassinate sono il 23,9% dei casi, quando ad esempio in Svizzera si ha il 49,1%, in Belgio il 41,5%, a Malta il 75%, in Ungheria il 45,3%, in Croazia il 49%. Insomma, il femminicidio – come il maschicidio, l’infanticidio e il vecchicidio – resta un crimine terribile. Le speculazioni politiche e le gaffe parlamentari, invece, appaiono tutt’al più ridicole.
Adriano Scianca
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