Roma, 24 giu – La grande battaglia di Gennaro Sangiuliano è quella di «costruire un nuovo immaginario italiano». Che, detta così, potrebbe essere anche uno slogan dotato di un certo appeal, salvo il fatto che la formula andrebbe riempita di un qualche contenuto. Per ora siamo alle riletture di Benedetto Croce e Prezzolini, al Dante Alighieri «padre del pensiero di destra» e al revival del Risorgimento. Forse però, per capire meglio le strategie del ministro della Cultura, bisogna porre l’attenzione sulla sua amata città d’origine, tanto più che l’ex direttore del Tg2 vi si reca un giorno sì e l’altro pure per partecipare a convegni, presenziare ad inaugurazioni, tenere lectio magistralis, ritirare lauree onoris causa e sovraintendere, evidentemente, alle operazioni volte alla costruzione del «nuovo rinascimento partenopeo», come lui ama chiamarlo.
In effetti, proprio a Napoli Sangiuliano ha azzardato la più eccentrica delle sue (proverbiali) citazioni, allorché, nel rivendicare per il capoluogo campano il suo antico rango di «grande capitale europea», non ha esitato a invitare i cronisti a consultare l’opera storiografica, oltre che dell’immarcescibile Benedetto Croce, nientemeno che dello spagnolo Francisco Elias de Tejada, facendo letteralmente saltare dalla sedia quei pochi italiani che, avendo letto davvero sia de Tejada che Benedetto Croce, non potevano non considerare la totale inconciliabilità delle loro prospettive storiche…
Nuovo rinascimento partenopeo?
Ma tant’è, abbandoniamo le quisquilie e torniamo alla sostanza, la costruzione del «nuovo immaginario italiano». Perché a Napoli sostanza ce n’è, come dimostrano gli oltre 13 milioni di euro di contributi concessi dal Mic alle imprese culturali campane grazie ai fondi del Pnrr per favorirne la transizione digitale: più di quanti non se ne siano aggiudicati in Lombardia e poco meno di quanti non ne arriveranno nel Lazio. A Napoli, infatti, il ministro Sangiuliano ha lanciato la sfida che dovrebbe far passare agli annali la sua esperienza di governo: riqualificare Palazzo Fuga, ossia il Reale Albergo dei Poveri voluto da re Carlo III, il mastodontico edificio a lungo abbandonato a sé stesso, contro il quale si sono schiantati i progetti elaborati negli ultimi trent’anni da schiere innumerevoli di sindaci, governatori, ministri, rettori, architetti, intellettuali e chi più ne ha, più ne metta. Sangiuliano, però, ha l’arma segreta, l’asso nella manica: i soldi del Pnrr. E le progettualità messe in campo al tempo del governo Draghi da Dario Franceschini, suo predecessore, e Mara Carfagna, ex ministro per il Sud, con le istituzioni locali.
Proprio con il sindaco Gaetano Manfredi la collaborazione è intensissima, tanto che con il Comune è stato sottoscritto un documento, che prevede la realizzazione, proprio nello storico, immenso edificio monumentale, di un centro culturale polifunzionale di eccellenza, che ospiterà, tra l’altro, la seconda sede del Museo Archeologico Nazionale, nonché, in tutto o in parte (nonostante le riserve già espresse dagli specialisti ai tempi di Franceschini), la Biblioteca Nazionale, attualmente allocata a Palazzo Reale.
La sinistra si fionda sulla mangiatoia
Il 16 giugno scorso, sempre nel corso di una delle sue passeggiate partenopee, il ministro ha annunciato che lo stanziamento per il Real Albergo dei Poveri ammonterà a 148 milioni di euro, una cifra monstre, sì, ma assolutamente plausibile per chi ha contezza dell’entità del lavoro da mettere in campo: 148 milioni di buoni argomenti da mettere al servizio della battaglia per la costruzione di «un nuovo immaginario italiano». Per carità, magari non tutti, ma certo 148 milioni di buone ragioni per condividere con il Comune ragionamenti e percorsi, a cominciare dalla cornice culturale da dare all’impresa.
Chi sia delegato dal ministro ad interloquire su questo piano con il sindaco, la cui matrice accademica conferisce sicuramente una certa solidità da questo punto di vista, non è proprio chiarissimo. Chi però ha le idee chiare è la maggioranza giallo-rossa che amministra Palazzo San Giacomo e che meno di una settimana dopo l’annuncio, esattamente il 22 giugno, ha reso noto che proprio il Real Albergo dei Poveri ospiterà dal 24 al 30 giugno il Pride Park, una settimana di eventi, confronti e dibattiti che culmineranno sabato 1° luglio con il Gay Pride di Napoli.
L’assordante silenzio di Sangiuliano
Il comunicato diffuso dall’ufficio stampa del Comune ci informa che saranno tanti «i relatori che presenzieranno ai convegni tematici in programma: dallo scrittore Maurizio De Giovanni agli assessori regionali Fortini e Morcone all’ex Presidente della Camera, Roberto Fico, ma anche Susanna Camusso, Ivan Scalfarotto, Emma Bonino, Roberto Speranza, Mara Carfagna. Ovviamente tanti protagonisti della storia del movimento LGBTQI+ locale e nazionale. Ma anche tanta arte, a partire dalle mostre, come “L’isola degli arrusi”, un lavoro fotografico di Luana Rigolli che racconta dei confinati omosessuali alle isole Tremiti durante il fascismo, alla mostra fotografica a cura delle Maree, “R/esistenze Viola: Frammenti. L’Italia, da Saffo al movimento lesbico” fino alla mostra del fumetto “Nero acciaio” scritto da Davide Bottiglieri e illustrato da Salvatore Parola o all’esposizione della bellissima mostra sul giocattolo di genere a cura del Museo del Giocattolo di Napoli. Durante il Pride Park sarà possibile effettuare test, rapidi, anonimi e gratuiti per l’HIV, la sifilide e l’epatite, grazie al Check Point di Antinoo Arcigay Napoli o avere informazioni ai vari desk associativi e dei centri anti-discriminazione attivi nell’area metropolitana. Inoltre, tanto cinema e teatro, ma anche divertimento con Drag Show, tombolate» e via discorrendo. Nulla quaestio, ognuno fa ciò che gli piace.
Ma la domanda sorge spontanea: e Sangiuliano? A parte le continue passerelle napoletane, esattamente qual è la strategia culturale del ministro? Quali i contenuti? No, perché «gli altri» le idee le hanno chiare e hanno scelto proprio il monumento simbolo del rinascimento sangiulianeo per tenervi la più divisiva e politicamente controversa delle manifestazioni concepite in questi anni dalla «sinistra culturalmente egemone». Insomma, che cos’è questo «nuovo immaginario italiano»?
Francesco D’Angelo
2 comments
Ma che cz è sta roba … Tutte le settimane una sfilata di di finocchi e froczxxi.. mi viene il voltastomaco… Ogni giorno che passa mi stanno sempre più sulle balle…
Risposta: nozionismo, culo e digitale, ovvero nulla di sano, spirituale e/o commestibile. Tempi magri, magrissimi…