Roma, 15 nov – Grandi manovre nella maggioranza, con Letta che invita al tavolo i leader per fare il punto sulla manovra (guardando però all’elezione del presidente della Repubblica). Dal canto suo, il centrodestra accoglie l’invito, con Salvini che prova pure stavolta a intestarsi il tavolo dicendo che l’aveva già proposto a Draghi. Anche l’opposizione spera di “essere ascoltata”, dice la Meloni.
Ok al tavolo dei leader proposto da Letta per evitare “un Vietnam parlamentare”
La mossa del segretario del Pd, tramite intervista alla Stampa, trova il consenso di tutti: evitare “un Vietnam parlamentare” sulla legge di Bilancio sedendosi al tavolo con Draghi. In parole povere, i partiti di maggioranza sono d’accordo a ridurre il minimo il dibattito in Aula. Ma anche a tastare il terreno in vista dell’elezione del successore di Mattarella. E – come dice Di Maio – “proteggere Draghi dal totonomi”. Salvini “ribadisce la piena disponibilità a collaborare – spiegano fonti del Carroccio – come già aveva proposto il 13 ottobre a Draghi. In quell’occasione, il leader della Lega aveva suggerito un tavolo con tutti i segretari dei partiti della maggioranza per sminare il cammino del governo ed evitare inutili muro contro muro come quello voluto da Pd e 5 Stelle sul Ddl Zan”.
I paletti di Salvini: “Reddito di cittadinanza va modificato”
Ma Salvini già mette i primi paletti. La Lega insiste sulla “modifica del reddito di cittadinanza per eliminare gli sprechi e gli abusi e destinare più risorse per taglio delle tasse”. Massimo Bitonci, capo del dipartimento Attività produttive del Carroccio, dice di capire “la ratio della proposta di Letta. Ma sul tema del taglio delle tasse, c’è già un’indicazione dei gruppi di Camera e Senato, la convergenza c’è già. Io sono stato relatore del decreto Sostegni bis, dove le cifre erano ben altre e con i colleghi del centrosinistra abbiamo lavorato benissimo”. Bitonci pertanto propone a Letta che “se il tema sono gli otto miliardi, possiamo trovare una posizione comune sull’Irap, sulle piccole partite Iva. Un’effettiva riforma del reddito di cittadinanza, con controlli preventivi, farebbe risparmiare molto, e quindi gli otto miliardi potrebbero essere anche di più”.
D’accordo con il leader Pd anche Berlusconi, Renzi e Calenda
Al centro l’adesione è totale: il primo a dire sì a Letta è stato Berlusconi. Ma anche i renziani plaudono al tavolo proposto dal segretario Pd. “Mettere in sicurezza i conti del Paese, per non perdere il grande lavoro che ha consentito la ripresa dell’Italia, prima di occuparsi del Quirinale: lavoriamo su questo”. Così Ettore Rosato, di Italia Viva. Idem Carlo Calenda di Azione, secondo il quale quella di Letta è “una proposta di buonsenso”. Mentre Osvaldo Napoli, esponente del gruppo centrista Coraggio Italia esplicita l’obiettivo non palesato da Letta. “Il patto tra i leader per blindare la manovra va fatto crescere e fatto diventare un patto per scegliere il successore del presidente Mattarella”, spiega. “Bene, avanti così. Vediamo se la proposta marcerà davvero”, dicono al Nazareno. I dem fanno presente che “alle spalle abbiamo le elezioni amministrative che hanno esacerbato lo scontro, davanti c’è un passaggio decisivo del Quirinale. Ebbene, in mezzo non ci può essere uno scontro sulla manovra. Vanno riaccesi i motori della maggioranza a sostegno del governo per una legge di Bilancio che è un’occasione unica da non sprecare“.
Tutti d’accordo, almeno fino a quando non si siederanno al tavolo
Tutti d’accordo insomma. Sì, almeno finché non si siederanno al tavolo. Con l’auspicio che ovviamente con loro si sieda anche il diretto interessato, ossia Draghi. In tutto ciò, stride il silenzio di Conte: i 5 Stelle infatti sono nel mirino della Lega per il reddito di cittadinanza. E non solo. In effetti a ben vedere il tavolo del compromesso sembra abbastanza inutile: le divisioni nella maggioranza sono tante e tali che un conto è dire bravo a Letta perché chiede “assunzione di responsabilità”, un conto e assumersela. Per non parlare della possibilità di trovare la quadra sul candidato al Quirinale. Allo stato attuale uno scenario fantapolitico.
Adolfo Spezzaferro