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“Questura? Sono il premier”. Così nacque il caso

by Fabrizio La Rocca
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rubyRoma, 11 mar – Silvio Berlusconi è uscito dal caso Ruby con una assoluzione piena. Ma a cosa fa riferimento tale processo?

Tutto parte dai fatti avvenuti la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010: quella sera fu accompagnata alla Questura di Milano di via Fatebenefratelli l’allora diciassettenne marocchina Karima El Mahroug, detta Ruby Rubacuori.

La giovane doveva essere identificata in quanto sospettata di furto e priva di documenti di riconoscimento. La prostituta brasiliana Michelle Conceicao, che ospitava Ruby nella sua casa, decise di telefonare all’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per avvertirlo.

Berlusconi, quindi, telefonò al Capo di Gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, per chiedere che Ruby fosse affidata a Nicole Minetti (consigliere regionale del Pdl), invece che a una comunità per minorenni.

Per essere più convincente, Berlusconi sostenne che Karima fosse la nipote dell’allora presidente egiziano Hosni Mubarak (circostanza che la difesa di Berlusconi ha sostenuto essere stata fatta in buna fede dall’allora premier, che sarebbe davvero stato convinto di tale parentela) e dunque il presidente del consiglio avesse voluto evitare un incidente diplomatico con l’Egitto. La questura affidò dunque la minorenne Ruby alla consigliera regionale.

Il 21 dicembre dello stesso anno, Berlusconi venne indagato dalla Procura di Milano per concussione, in quanto, secondo l’accusa, abusò della sua “qualità” di Presidente del Consiglio per esercitare una indebita pressione sui funzionari della Questura di Milano per il rilascio di Ruby, al fine di coprire il più grave reato di prostituzione minorile.

La Corte d’Appello, nelle sue motivazioni, ha invece sancito che quelle sulla Questura furono sì pressioni indebite ma che non avrebbero potuto essere qualificate come concussione, e che non era stato dimostrato che Berlusconi fosse consapevole della minore età della ragazza. Conclusioni confermate in via definitiva in Cassazione.

Parallelamente al processo Ruby, si sono sviluppati altri due procedimenti: il “Ruby bis”, nell’ambito del quale il 13 novembre scorso i giudici della corte d’Appello di Milano hanno condannato Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. E c’è poi un “Ruby ter” che riguarda i fatti successivi all’esplosione dello scandalo, quando Berlusconi avrebbe, secondo l’accusa, avviato una complessa operazione per uscire indenne dalla vicenda, organizzando versioni di comodo da parte di decine di testimoni e pagando profumatamente le cosiddette Olgettine e la stessa Ruby per dire il falso in aula.

Fabrizio La Rocca

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