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Rapporti con il Quirinale per scavalcare il governo italiano: la confessione di Juncker

by Michele Iozzino
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Roma, 26 mar – Rischia di passare pericolosamente sotto silenzio l’intervista al Sole 24 Ore di Jean-Claude Juncker, nella quale l’ex presidente della Commissione europea parla dei suoi rapporti con il Quirinale. Una corsia preferenziale tramite cui scavalcava e “richiamava all’ordine” il governo italiano.

L’intervista di Juncker al Sole 24 Ore

“In questi anni di dibattiti feroci, gli italiani hanno dimostrato finezza nello scegliere i loro presidenti che si sono sempre differenziati dalla maggioranza delle personalità politiche italiane per la loro serietà e per la loro capacità a riflettere oltre la loro persona”. Juncker descrive così la sua predilezione per i presidenti della Repubblica, sprezzando il resto della politica italiana e ignorando – in manifesta malafede – che i titolari del Quirinale non vengono votati direttamente dagli italiani. Il lussemburghese ricorda per primo Carlo Azeglio Ciampi, giudicato un “uomo saggio e ponderato”, ma essendo stato a capo della Commissione dal 2014 al 2019 i veri perni del discorso sono Napolitano e Mattarella. È con loro che ha intessuto un rapporto privilegiato, usato come leva contro i governi italiani che si sono succeduti: “Con Giorgio Napolitano e poi con Sergio Mattarella ho spesso negoziato, non dico in segreto ma senza troppa pubblicità: quando avevo dei problemi con i primi ministri italiani. O meglio, quando i primi ministri italiani avevano dei problemi con il presidente della Commissione europea”. E confessa: “Amavo i miei scambi con Giorgio Napolitano. Ascoltando le sue descrizioni della vita dall’interno del governo italiano sono diventato uno specialista di cose che non dovevo sapere…”. Non è difficile immaginare come queste informazioni potessero servire per forzare la mano all’esecutivo.

“Dovevo farli richiamare all’ordine dal presidente in carica”

Riguardo ai presidenti del Consiglio che si sono succeduti durante il suo mandato, Juncker sembra conservare un giudizio negativo in particolare di Conte e Renzi. Del primo racconta sarcastico i suoi vanti accademici: “Al Consiglio europeo iniziava sempre i suoi interventi dicendo: ‘Io in quanto professore di diritto internazionale devo dirvi…’. Anche se l’uomo ci piaceva, finì per infastidire gli altri leader”. Mentre del secondo rivela: “In un incontro venimmo quasi alle mani, discutendo del bilancio italiano”. E chiosa: “Ho apprezzato Renzi perché a dispetto dell’atteggiamento che ebbe verso l’esterno era un uomo che sapeva ascoltare. Ma la sua facoltà di ascolto avrebbe potuto essere più spontanea”. L’unico che sembra ricordare con piacere è Letta: “Avrebbe potuto fare grandi cose in Italia se fosse rimasto al potere”. In generale, “Quando ero presidente della Commissione, praticamente tutti i premier dicevano del male dell’Europa, dando la sensazione agli italiani che l’Europa non li rispettava a sufficienza, che non capiva l’Italia e le sue vicissitudini. Matteo Renzi e Giuseppe Conte non mancavano l’occasione per attaccare la Commissione e talvolta dovevo farli richiamare all’ordine dal presidente in carica”. Riguardo a questi screzi e ai sentimenti euroscettici degli italiani Juncker ovviamente non si assume alcuna responsabilità, al contrario: “Attribuisco questo fenomeno al fatto che si nascondono le debolezze autobiografiche del Paese, e con questo termine intendo dire nazionali, con degli attacchi incessanti all’Unione”. Insomma, la colpa sarebbe sempre e solo dell’Italia.

Michele Iozzino

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