Roma, 12 feb – Lunga pausa di riflessione e ritorno alle radici. Altro che il Dibba in Guatemala, Rosy Bindi si tiene lontana dalla politica da anni e ha deciso di percorrere il Cammino di Santiago. Scelta apprezzabile, nulla da contestare, ci mancherebbe. E’ anzi consigliabile a tutti e in particolare a tanti politici che se non altro così potrebbero dire di averne azzeccata una nella vita. L’ex presidente del Partito Democratico la spiega così in una lunga intervista concessa a Repubblica.
Rosy Bindi dice addio alla politica
“La passione è il dono meraviglioso della politica. Ma poi viene il tempo in cui hai bisogno di tornare alle radici dell’esistenza”, dice l’ex ministro. E descrive così il suo Cammino di Santiago di Compostela: “Ho scelto il tratto più breve, solo 120 chilometri però in cinque giorni. Non male”. Basta con la politica dunque, ritorno alla spiritualità. Almeno per ora. “Alla politica ho dato e ricevuto tanto. Però Camilleri, quando scriveva che non siamo contemporanei a tutte le epoche, diceva il giusto”. Rosy Bindi non sempre quindi intenzionata a tornare sulla scena. Cosa fatta capo ha. Adesso tocca ad altri, adesso soprattutto c’è un Draghi di mezzo. “Gli incontri col mio universo di riferimento, il mondo cattolico, l’antimafia, le scuole, sono sempre in agenda e tenuti da remoto. Ora sarà Mario Draghi a portarci fuori dalla pandemia”.
Il Pd? “Tutto da rifare”
Tutto apparentemente saggio e quasi commovente. Ma Rosy Bindi non si mostra misericordiosa quando si tocca il dolente tasto targato Pd, partito che ha contribuito a fondare e di cui è stata a lungo uno dei principali esponenti. “Non è venuto su come si sperava. Non ha identità, vitalità, carattere, presenza. Bisogna avere l’umiltà di ammetterlo. Di tracciare un punto e dire: ricominciamo daccapo”, tuona Rosy Bindi. C’è bisogno di trovare nella società nuove idee e nuove persone, raccogliere la spinta che ora sembra mancare” Insomma l’ex presidente non si riconosce più nel Pd, non lo vede più come una stella polare. “Io non ho rinnovato la tessera, non lo sento più mio”.
Alessandro Della Guglia