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Sea Watch, porta in faccia della Corte di Strasburgo: “Nessuno sbarco”

by Cristina Gauri
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Roma, 30 gen – Porta in faccia della Corte di Strasburgo a Sea Watch. Mentre il ministro dell’Interno Matteo Salvini dichiarava ieri “Sì allo sbarco ma solo se gli immigrati andranno in Germania o in Olanda”, la Ong decideva di ricorrere alla Corte dei diritti dell’uomo contro l’Italia a causa del rifiuto di accogliere i 47 immigrati a bordo della nave, e per aver “violato i diritti fondamentali delle persone soccorse”. Ma la Cedu non ha soddisfatto le richieste della Ong, pur facendo specifica richiesta di “fornire a tutti i richiedenti adeguate cure mediche, cibo, acqua e forniture di base”. Secondo Strasburgo quindi, l’Italia non ha alcun obbligo di accettare i passeggeri della Sea Watch sul proprio suolo.

Tutela per i minorenni

La sentenza, tuttavia, chiede anche che venga fornita “adeguata tutela legale” ai passeggeri minorenni e che la Corte venga aggiornata regolarmente su qualsiasi sviluppo a bordo della nave. Uno smacco per l’Ong, secondo la quale “un’operazione di soccorso in mare, secondo il diritto internazionale, si dichiara conclusa solo con lo sbarco in un porto sicuro, che deve essere garantito nel più breve tempo possibile”. Un fatto che “non può essere subordinato ad alcuna negoziazione tra Stati in merito a una eventuale redistribuzione delle persone soccorse, o per qualunque altro motivo”. Il quadro della situazione è chiarissimo per Sea Watch: dal momento che la Libia non è considerata un porto sicuro per i migranti, dovrebbe essere l’Italia a dare accoglienza al carico di vite umane.

“Misure non sufficienti”

Sempre secondo Sea Watch, impedire ai 47 di scendere è una “forma di illegittima e informale detenzione di fatto, in chiara violazione di quanto stabilito dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo sull’inviolabilità della libertà personale”. “La Sea-Watch 3 – prosegue la nota diffusa ieri – non è stata autorizzata fin dalla giornata del 25 gennaio a lasciare il ‘punto di fonda’ nel quale è ancorata e tutte le persone a bordo sono di fatto trattenute sulla nave in condizioni igieniche e di salute psico-fisica che si stanno deteriorando velocemente”. L’Ong si ritiene altresì insoddisfatta di quanto finora è stato fatto dall’Italia, riferendosi alla distribuzione di generi di prima necessità sulla nave, fatto che non è stato ritenuto una “misura sufficiente a porre termine alla violazione dei diritti delle persone a bordo”. L’unica soluzione per Sea Watch è lo sbarco immediato. Ma persino la Corte di Strasburgo si è detta contraria.

Cristina Gauri

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