Taormina (Ct), 28 mag – Ha fatto scalpore il filmato in cui si vede il premier italiano, Paolo Gentiloni, tenere il suo discorso al G7 nell’assoluta indifferenza di Donald Trump. Quando il nostro presidente del Consiglio inizia a parlare (in italiano, ovviamente), tutti i leader internazionali indossano le cuffie per ascoltare la traduzione simultanea. Tutti tranne Trump, che sembra non curarsi minimamente di quanto avviene. L’addetto stampa del presidente americano ha fatto sapere che indossava un’auricolare all’orecchio destro, che casualmente era proprio quello non inquadrato nel video. Sappiamo anche che lo staff di Trump fa spesso i salti mortali per salvare le apparenze, a fronte di un presidente che ragiona da bullo e si comporta da bullo senza tanti complimenti.
Vera o meno che sia, l’assenza di cuffie di Trump, e quindi il suo totale disinteresse verso le parole di Gentiloni, nonché l’ostentazione di questa spocchia, sono senz’altro verosimili. Trump è uno screanzato e ci tratta apertamente da colonia quale siamo. Del resto lo eravamo anche con Obama, che pure le cuffie se le metteva e faceva anche la faccia seria di chi sta davvero ascoltando. Quando sei suddito, non è detto che un buon padrone sia migliore di uno che ti disprezza, se non altro il secondo, con il suo atteggiamento plateale, evidenzia al meglio i rapporti di forza reali. Va anche detto che, se sudditi degli Usa lo siamo sempre stati dal 1945, in questi ultimi tempi ci siamo distinti per eccesso di zelo servile. Da quando hanno rinunciato a essere una potenza sovrana, gli italiani hanno deciso di recitare la parte che riesce loro meglio: i commedianti. E così abbiamo sempre proclamato ufficialmente il loro ossequio atlantico, salvo poi farsi gli affari propri dal punto di vista della realpolitik. Insomma, la sovranità perduta la si è ricercata di straforo, per vie oblique, truccando il tavolo.
“L’Italia ha la moglie americana e l’amante libica”, si diceva una volta. Dal lodo Moro sugli attentati palestinesi alle relazioni di Berlusconi con “l’amico Putin”, la nostra geopolitica effettiva ha sempre cercato vie sotterranee per esprimere un minimo di originalità. Dopo i molti golpe avvenuti a partire dal 2011, tuttavia, questa nostra caratteristica è venuta meno. In parte perché “l’amante libica” è stata fatta fuori, in quella che un giornalista ha definito “la nostra peggiore sconfitta dopo la Seconda guerra mondiale”, in parte per la tendenza geopolitica generale che va verso una destabilizzazione globale che non consente più doppi giochi. Oggi siamo chiusi in un vicolo cieco di sudditanza tanto formale che fattuale, da cui sarebbe difficile uscire anche se lo volessimo. Figurarsi con questi governanti di spiccata indole servile.
Adriano Scianca