Roma, 17 giu – In Ue le discussioni sulla riforma del Patto di stabilità impazzano. Ammesso che si possa parlare di “riforma”, perché le ultime “versioni” della primavera mostravano solo un regolamento più rigido (per Berlino addirittura troppo morbido) senza alcun mutamento sulla questione reale (ovvero, per dirla in gergo cafonissimo: i soldi) ma con in più procedure ancora più severe per mettere nei guai i presunti “paesi che fanno i cattivi”. A che punto siamo adesso?
Patto di stabilità, chi tira la fune da una parte e dall’altra (a seconda del suo debito)
La sintesi potrebbe essere: chi ha meno debito gioca per mantenere rigidità e chiederne ancora di peggiori, chi ne ha di più reagisce. Ovviamente si parla di Germania e Francia, principali attori in questa contesa, con l’Italia che cerca di intrufolarsi in qualche modo (insieme a Paesi mediterranei minori). Secondo quanto riporta Tgcom24, mentre Berlino chiede chiede paletti e numeri prestabiliti molto stringenti, Parigi ribatte con un “no” ad ogni automatismo. Roma, invece, insiste sulla eccezione per gli investimenti importanti, su quella “traiettoria di spesa” pubblica che Bruxelles limita così tanto, praticamente da sempre.
La proposta della Commissione Ue, espressa dal membro delegato all’Economia Paolo Gentiloni, è incentrata sui piani di spesa nel medio termine per ridurre – ancora – il debito nel lungo periodo. Alla Germania non basta, visto che chiede di introdurre un vincolo in più non solo per ridurre il deficit dello 0,5% (come propone la Commissione) ma anche per il debito, che per i Paesi più “cattivi” dovrebbe scendere dell’1% l’anno. La Francia però non ci sta e si dichiara contraria a qualsiasi regola automatica che, per Parigi, per bocca del ministro Bruno Le Maire, “sarebbe una colpa economica e una colpa politica. Abbiamo già cercato in passato di avere regole automatiche e regole uniformi: ha portato alla recessione”.
E l’Italia?
L’Italia, dal canto suo, insiste sulla esclusione degli investimenti di grossa portata dal debito, in quanto necessari per sostenere la crescita. Così riferisce il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il quale ritiene che una revisione delle regole che tenga conto anche della crescita “è necessaria per assicurare la sostenibilità dei conti”. Aggiundendo che “è importante secondo noi che si dedichi adeguata attenzione alla politica di investimenti, in particolare investimenti che sono stati considerati prioritari in sede europea, quelli relativi alla transizione ambientale, energetica e digitale”. Ovvero, quelli del NextGeneration Eu e dei Pnrr, qui quali il ministro sottolinea: “Si tratta di investimenti di durata limitata e di quantificazione già accertata”.
Stelio Fergola