Roma, 21 nov – Intorno alla morte e alla brutale uccisione di Giulia Cecchettin sembra essersi scatenata una gara a ribasso per chi la spara più grossa, in serissimo esercizio di autoflagellazione e colpevolizzazione dell’uomo in quanto uomo. In maniera forse sorprendente, concreto pretendente al primo posto non è un esponente della sinistra o del mondo femminista, ma il ministro leghista dell’Istruzione Giuseppe Valditara.
Valditara strizza l’occhio alle femministe
Commentando la mobilitazione studentesca sul tema del femminicidio, Valditara si è dimostrato solidale con lo spirito per così dire anti-patriarcale delle proteste: “Fanno bene a scendere in piazza ma non sono d’accordo che si debba bruciare tutto, bisogna costruire, bisogna bruciare il male, bisogna bruciare una cultura maschilista, questo sì, e poi bisogna anche saper costruire”. L’invito a “bruciare tutto” era arrivato da Elisa Cecchettin, sorella di Giulia, riprendendo con una variazione il testo di un’attivista femminista peruviana di nome Cristina Torres-Cáceres e incolpando “società patriarcale” e “cultura dello stupro” dell’omicidio della sorella. Come se ciò non bastasse, il ministro dell’Istruzione vuole introdurre nelle scuole un corso di “educazione sentimentale” che verrà presentato domani e che consisterà in un’ora settimanale (per un totale di 12 incontri annuali) con psicologi e influencer per “creare un ambiente scolastico più sicuro ed inclusivo, dove gli studenti possono apprendere il valore del rispetto e dell’empatia”. Un indottrinamento dei più giovani che era già un vecchio pallino della sinistra, con l’ex parlamentare del Partito democratico Monica Cirinnà che rivendica: “Educazione al rispetto e all’affettività erano nella nostra legge Zan affossata in Senato dalla destra con voto segreto seguito da applausi”.
Ma la sinistra lo punisce lo stesso
Questo cedimento verso le retoriche e i contenuti del mondo progressista in qualche modo paga? La risposta è ovviamente: no. Nonostante questi ammiccamenti, Valditara è finito nel tritacarne del dibattito politico per avere fra i suoi collaboratori il docente di psicologia alla Cattolica di Milano Francesco Amadori. Il tutto è partito da un articolo su Domani, firmato da Christian Raimo, che analizza un libro di Amadori dal titolo La Guerra dei sessi. Piccolo saggio sulla cattiveria di genere, bollandolo come un testo complottista e denigratorio verso le donne. L’articolo di Raimo è ovviamente frutto di semplificazioni e dossieraggio intellettuale, tanto da rimproverare ad Amadori perfino di condividere lo stesso servizio di self-publishing del generale Vannacci, ma dimostra – se mai ce ne fosse bisogna – come inseguire la sinistra su certi temi sia semplicemente controproducente.
Michele Iozzino