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Battisti ora chiede lo sconto a 20 anni: “Rispettate il patto con il Brasile”

by Ludovica Colli
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Roma, 13 mag – Cesare Battisti torna a chiedere uno sconto di pena: dall’ergastolo ostativo (il cosiddetto “fine pena mai“) a poco più di 20 anni. Il terrorista comunista pluriomocida, tramite i suoi avvocati, ha chiesto infatti che venga rispettato il patto stretto tra Italia e Brasile per la sua estradizione, che prevedeva una pena non superiore ai 30 anni. A questi andrebbero poi scontati i periodi di reclusione che Battisti avrebbe già passato in galera.

Il “patto Italia-Brasile”

Come ricorda il Corriere della Sera, il “patto Italia-Brasile” era stato firmato a ottobre 2017 dall’allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e prevedeva “che il tempo massimo di esecuzione della pena inflitta” non superasse “30 anni di reclusione, e che il periodo di detenzione sofferto dall’estradato in Brasile ai fini della procedura di estradizione” venisse “computato nella pena da eseguire in Italia”. Su questo documento si basano ora le richieste della difesa di Battisti che chiede quindi che ai 30 anni di galera vadano scontati anche i vari periodi già passati in carcere, tra Italia, Francia e Brasile (tra 1979 e 2006) per un totale di 9 anni, 4 mesi e 6 giorni. All’ex membro dei Pac-Proletari armati per il comunismo resterebbero quindi da scontare ancora 20 anni, 7 mesi e 24 giorni.

Il cavillo: estradizione o espulsione?

Come è noto, però, il patto che citano i legali di Battisti non è più valido, dato che il terrorista è stato rispedito in Italia dalla Bolivia e non dal Brasile con una procedura non di estradizione, ma di espulsione. Qui scatta il cavillo a cui i difensori di Battisti si stanno aggrappando: non sarebbe stato rispettato in nessuna parte l’iter previsto per le espulsioni, che prevede un avviso con interprete, tre giorni per il ricorso, cinque per la risposta, e la “restituzione” al Paese di provenienza, quindi il Brasile e non l’Italia. Per i legali del pluriomicida quindi non si trattò né di estradizione, né di espulsione e, dovendo individuare un atto che possa legittimare la consegna dell’ex terrorista all’Italia, bisogna rifarsi al patto siglato dal ministro Orlando, quello che prevede appunto l’impegno per una riduzione della pena (perché in Brasile non esiste l’ergastolo). E su queste basi è stata presentata una memoria alla Corte d’assise d’appello di Milano che si riunirà il 17 maggio.

Ludovica Colli

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Commodo 13 Maggio 2019 - 8:45

Classico bieco personaggio per cui vale dire: “Deve marcire in galera” ! Ed è molto, moltissimo meno di quanto meriterebbe.

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