Roma, 30 set – “Con la presente comunichiamo che a fronte dei costi energetici insostenibili e a seguito della chiusura di parecchie stalle e conseguenti cali di produzione della materia prima, le referenze in oggetto non sono più disponibili”. In poche righe è riassunta la crisi di un intero settore, quello del latte, che anche nel ricco Trentino sta rimanendo strangolato dai vertiginosi aumenti di costi di una crisi senza precedenti. La comunicazione è stata pubblicata in questi giorni sull’Adige, dopo essere stata spedita via mail dalla Latte Trento a latterie, bar e supermercati della regione alpina.
Anche il Trentino strangolato dalla crisi
Solo lo scorso maggio erano 13 le aziende costrette a chiudere l’attività. Gli ultimi a “serrare bottega”, sono stati i proprietari di una grande e moderna stalla di Fiavé con 180 mucche. La stalla in questione era rinomata per essere una sorta di polmone del settore ma, con i rincari serviti dalla tanto osannata Agenda Draghi, adesso chiude e, le conseguenze di tale cessata attività, arrivano anche sugli scaffali dei supermercati e sulle nostre tavole. Latte Trento, intanto, ha tolto dalla produzione il marchio alpino e fermato il mercato extra provinciale. Recentemente, fino alla fine dell’anno sono state bloccate anche le produzioni della prestigiosa Trentingrana. Lo stesso vale anche per il caseificio di Pinzolo che abbassa la serranda fino a dicembre.
Rincari impossibili su luce, gas e materie prime
«La crisi c’è e il rischio concreto è di perdere ancora aziende – spiega il presidente di Latte Trento – Noi ribadiamo le difficoltà dallo scorso febbraio». La bolletta del gas arrivata a novembre 2020 a Latte Trento ammontava a 61.276 euro, quella dell’anno scorso (novembre 2021) era di 205.825. Aspettando la bolletta del prossimo novembre 2022, Latte Trento già trema per quella che in tutta Italia si prospetta una lievitazione totalmente fuori controllo. Dalla distribuzione alle aziende zootecniche il costo della luce è triplicato e anche il gas ha subito un aumento tre volte superiore. In un irreversibile circolo vizioso, anche i costi delle farine, del fieno e delle più elementari materie prime, da primavera 2021 sono altrettanto schizzati in alto, raddoppiati o addirittura triplicati. Questo, oltre a comportare la chiusura di molte attività, arriva necessariamente a ridurre anche i costi delle aziende. Per dare un macabro dato, fino allo scorso luglio 2022 c’è stato un aumento del 25% di capi da macello, rispetto all’anno prima. Mucche e pecore, dunque, abbattute a causa degli aumenti dei costi del fieno.
“I costi sono ormai insostenibili”
Oltre a Fiavé, anche Lomaso si sta trovando schiacciato da questa crisi italiana. Nella località trentina, da febbraio hanno chiuso un’azienda da 60 animali, una da 110, quella di cui vi riportiamo, da 180 capi e un’azienda da 400 capre, per un totale di circa 400 animali da latte. Come riporta il direttore di Latte Trento, Sergio Paoli: “La situazione è molto difficile, ci sono le stalle chiuse, ma anche meno conferimento di quelle rimaste. I costi da più di un anno sono insostenibili sia in stalla che soprattutto in latteria, che ormai ha raggiunto incidenze di sola energia al 25% sul fatturato rispetto al 3% degli ultimi 10 anni, con bollette da 1 milione di euro al mese al posto di 100000. Per il momento abbiamo tolto dalla produzione il marchio Alpino e fermato il mercato extra provinciale. Se le stalle non ce la fanno, non c’è latte da lavorare. Per questo serve un sostegno. L’ipotesi sul tavolo è quella di un aumento degli acconti. Si deciderà in settimana. Ma serve qualche sostegno serio: i 2,2 milioni messi da Codipra sono stati utili, ma certo non sufficienti”.
La disperazione di allevatori e Coldiretti
Dello stesso avviso, purtroppo, sono anche gli stessi allevatori, indispensabili in questa catena di montaggio alimentare. “Il punto è – spiega Giacomo Broch, presidente della Federazione provinciale allevatori – che ora chiudono le stalle grandi, quelle che fanno il latte. Non sono già più i piccoli a dover gettare la spugna, ma appunto quelli più solidi. E, purtroppo, le stalle che chiudono non riapriranno più“. Si unisce poi al disperato coro di preoccupazioni anche il presidente di Coldiretti Gianluca Barbacovi: “La situazione è veramente preoccupante. Anzi, più che preoccupante: c’è esasperazione. E purtroppo qualcuno ha già dovuto chiudere. Le soluzioni non sono semplici: ci sono gli aiuti di Codipra, poi gli oltre 6 milioni della Provincia, che speriamo vengano liquidati il più in fretta possibile, e a breve uscirà il decreto sul credito d’imposta. Ma il tema più grave è che rispetto al futuro c’è grande incertezza e questo genera paura“.
Andrea Bonazza
2 comments
Latticini di m…, non sono quelli che danno salute. Certo è che quelli che sostituiranno saranno pure ben peggio.
[…] altro, sta tentando di affrontare entrambe le questioni. Differentemente dall’Italia (dove molte aziende stanno chiudendo in modo drammatico) e da altri Paesi europei che sotto i colpi di questa crisi potrebbero crollare in modo […]