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Il caso Siri: un esempio di processo mediatico e mannaia giustizialista

by Lorenzo Zuppini
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Roma, 3 mag – Le dimissioni che Conte ha imposto al sottosegretario Siri sono il portato di oltre venticinque anni di giustizialismo iniziato con Mani Pulite, l’operazione giudiziaria che Paolo Guzzanti racconta come teleguidata dagli Stati Uniti per dare il contentino al Pci e ottenere in cambio il distacco da Mosca, e sfociato oggi nella sciatteria grillina riassumibile nella famosa frase dell’allora pm Davigo: non esistono innocenti ma solo colpevoli non ancora beccati. La questione morale di cui parla Di Maio, e che in passato era sulla bocca di Berlinguer, è un abominio per chiunque abbia una visione libera della vita da qualsiasi tipo di valutazione che superi ciò che i codici della legge prevedono, ossia per chiunque non sopporti quella perversione della morale che si chiama moralismo e che viene usata come una clava da chi, come i grillini, scarseggia di idee e di identità profonda.

Sarebbe garantista un padre col figlio, dunque non gli farebbe la morale ma crederebbe nella sua innocenza sebbene il vincolo di sangue gli consentirebbe un giudizio persino affrettato, mentre invece Di Maio e Di Battista, si muovono con disinvoltura in un sistema in cui anche un avviso di garanzia (ripetiamolo: di garanzia) funge da prova definitiva a carico dell’accusato. A proposito di questione morale: se Di Maio volesse davvero il bene di questo paese, tornerebbe a fare il bibitaro, lasciando la guida dello Stato nelle mani di qualcuno che abbia saputo, durante il suo corso di studi, apprezzare i principi garantisti che differenziano l’Italia dai regimi dispotici che ammorbano il mondo. La sinistra, che si procura orgasmi straparlando di fascismi vari, dovrebbe preoccuparsi di chi invece fa saltare le teste su ordine dei giudici.

La “strategia” della sinistra

A meno che, come abbiamo già scritto, non sia proprio la sinistra ad essere stata la madre di questo mostro inarrestabile. O c’è qualcuno che ha ravvisato nella strategia della sinistra, durante il ventennio berlusconiano, un comportamento che andasse oltre l’idolatria del potere giudiziario e della sua partigianeria ideologica? E oggi non proferiscono parola su una vicenda che, come molte altre, sta segnando in negativo la storia di questo paese, mentre pazziano stralunati sulla visita di Salvini a Orban, a sua volta ritenuto dai nipotini di Berlinguer uno dei Mussolini da appendere per i piedi. Un Paese lo si valuta da come tratta gli indagati e i condannati, perché è troppo facile ergersi a modelli di moralità quando le toghe ti lasciano respirare e non attaccano frontalmente gli altri poteri dello Stato. In Italia parte della magistratura è militante e fa politica da quando decise, ai tempi di Mani Pulite, di riorganizzare il Parlamento elevando l’onestà ad unico parametro valutativo al netto di quanto le elezioni avessero decretato e dunque gli italiani deciso.

Quale magistratura?

I tre poteri dello Stato devono rispettare i confini della loro competenza segnati dalla Costituzione, e la componente militante della magistratura, più che invadere, ha sovvertito l’ordine organizzativo assumendo un ruolo che non le compete e che oltretutto non spetta a nessuno. Tutto questo avviene in un contesto di sostanziale impunità per cui l’organo di autocontrollo, ossia il Consiglio superiore della magistratura, è composto dai magistrati stessi. Altro che reazione da corporazione, come ha detto Conte a Salvini auspicandone una resa incondizionata: la reazione da corporazione ce l’ha la magistratura ogni qualvolta reagisce alle critiche come se si trattasse di un sol uomo, come se essa potesse tutto e gli altri non potessero scalfirla, come se si trovasse in una posizione di supremazia rispetto al resto del paese.

Ovviamente Di Maio e i grillini sembrano ignorare tutto questo. Per loro c’è sempre un palco su cui salire e da cui esibire il corpo martoriato del malcapitato raggiunto da un avviso di garanzia (garanzia!). Il Movimento 5 Stelle imbastisce un Piazzale Loreto con cadenza settimanale, e questa volta attaccato per i piedi è finito il sottosegretario Armando Siri la cui vicenda, a detta del vicepremier pentastellato, puzza di mafia. La fogna così è stata aperta, la mafia ovviamente c’entra sempre perché farà tendenza poi ergersi ad antimafioso e la vittima, sacrificata sull’altare della falsa rispettabilità, può scegliere tra lasciarsi spolpare da questi avvoltoi o difendersi ma finire alla gogna. In definitiva, non c’è scelta. Ancora una volta è concesso alla magistratura di decidere l’assetto e l’organizzazione di un governo. C’è in gioco molto più di questa ricreazione massacrante, di questo esercizio onanistico dei 5 Stelle e della oscena ricerca demagogica di un altro applauso sulla pelle di qualche innocente. Aspettando di imbastire il prossimo patibolo.

Lorenzo Zuppini

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1 commento

Jos 4 Maggio 2019 - 12:06

…..divisione delle carriere….. responsabilità penali/ civili dei giudici…soppressione del csm…

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