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Conte si salva (per ora) al Senato con 156 sì. Ma potrebbe avere i giorni contati

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 20 gen – Ieri Giuseppe Conte al Senato ha incassato 156 sì, la maggioranza assoluta era a 161. I no sono stati 140 e 16 gli astenuti (i renziani). Se la matematica non è un’opinione, senza i voti dei senatori a vita e di due forzisti voltagabbana, Conte sarebbe andato sotto. La fiducia incassata ieri, dunque, peraltro frutto di contrattazioni serrate su poltrone in cambio di voti andate in scena fino all’ultimo secondo, è una vittoria di Pirro. Perché Renzi – che ha scatenato questa crisi uscendo dal governo – è tutt’altro che sconfitto. Né fuori dalla partita.

Per il premier solo due opzioni: rimpastone e Conte ter o provare a resistere solo con i “volenterosi” 

Con la maggioranza relativa al Senato per il premier ora ci sono solo due opzioni: rimpasto con un Conte ter o provare a resistere assegnando solo qualche poltrona al gruppo dei “volenterosi” che si dovrebbe formare a Palazzo Madama. Sempre che si formi, sia chiaro. Conte non vuole dimettersi, questo è certo. Ma non è escluso che dovrà comunque farlo. Intanto lui fa il vago, come al suo solito, pur di restare incollato alla poltrona: “Il governo ottiene la fiducia anche al Senato. Ora l’obiettivo è rendere ancora più solida questa maggioranza. L’Italia non ha un minuto da perdere. Subito al lavoro per superare l’emergenza sanitaria e la crisi economica. Priorità a piano vaccini, Recovery plan e dl Ristori”, scrive su Twitter.

Ora la maggioranza può andare sotto da un momento all’altro, soprattutto nelle commissioni

I 156 sì al fotofinish non promettono nulla di buono. La maggioranza può cadere da un momento all’altro. Al di là dei voti su scostamento di bilancio e dl Ristori, che non presenteranno brutte sorprese, Conte dovrà chiedere la fiducia anche su altri provvedimenti. E in quel caso, niente sarà scontato. In Parlamento, quindi, si va verso la paralisi. Soprattutto in commissioni chiave, dove anzi in alcuni casi i giallofucsia – orfani dei renziani – ora sono in minoranza.

La fiducia al fotofinish e l’astensione strategica di Renzi

Ieri è andato in scena uno spettacolo indecoroso per il Senato, con la presidente Casellati costretta a bloccare il voto. Tutta colpa dell’ex 5S Ciampolillo e del socialista Nencini, che arrivano sul filo e vengono ammessi a votare dopo un controllo sull’orario di chiusura della seconda chiama. Ovviamente hanno votato per Conte, salvandolo in extremis. Lega e FdI hanno protestato, annunciando che si appelleranno a Mattarella. Italia Viva, dal canto suo, ha confermato l’astensione. Mossa strategica di Renzi per non precludersi una nuova intesa, magari senza Conte, che del leader di Iv non ne vuole più sapere. Risultato: maggioranza relativa tra proteste e giravolte. Nencini in dubbio fino all’ultimo ha “tradito” l’amico Renzi. Due senatori di Forza Italia – immediatamente espulsi – hanno votato con la maggioranza, in cambio di ancora non si sa cosa. Si tratta di Maria Rosaria Rossi (fedelissima di Berlusconi) e Andrea Causin. Intanto a quanto pare stamattina si terrà un vertice della maggioranza, ma l’orario non è stato ancora comunicato.

Oggi Conte potrebbe salire al Quirinale per riferire della situazione politica

Non è escluso poi che Conte sempre oggi salga al Quirinale per riferire dell’esito della due giorni parlamentare con il voto di fiducia al governo. Ma il quadro è chiaro: il premier ha pochissimo tempo per far nascere il gruppo al Senato e stabilizzare la maggioranza. Per farlo deve assegnare poltrone – ci sono quelle lasciate vuote dai renziani. Ma anche nel Pd c’è chi preme giustamente per un Conte ter che dia maggior peso politico ai dem. Questo comporterebbe le dimissioni, ipotesi che l’ex avvocato del popolo ora strenuo difensore della sua poltrona considera l’extrema ratio.

Così Renzi tiene in ostaggio la maggioranza giallofucsia

Renzi dal canto suo, invece, non ha fretta. Ora tiene in ostaggio la maggioranza giallofucsia, che non può andare avanti con i voti dei senatori a vita. Mattarella può avallare una maggioranza traballante soltanto in attesa che si stabilizzi. Si parla di due settimane al massimo. Poi Conte dovrà dimettersi. Con la speranza che una volta reincaricato riesca a formare il suo terzo governo. Stavolta con i “volenterosi”, che poi sarebbero gli ex costruttori ed ex responsabili. Voltagabbana che attendono – come da accordi – il loro rendiconto.

Adolfo Spezzaferro

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