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I dazi di Trump e la controffensiva cinese: fin dove può spingersi la guerra commerciale?

by Claudio Freschi
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Roma, 11 mag – Le recenti dichiarazioni del presidente americano Donald Trump, che ha annunciato un inasprimento sostanziale delle tariffe sui prodotti provenienti dalla Cina, sono solo l’ultimo tassello di questa guerra commerciale che ha origini piuttosto lontane.

Già durante la campagna per le elezioni presidenziali, Trump si era più volte lamentato delle pratiche commerciali cinesi, dopo la sua vittoria nel 2016 gli Stati Uniti hanno lanciato una poderosa campagna investigativa volta a mettere in luce la scorrettezza vera o presunta della Cina, con l’intento nemmeno troppo nascosto di colpire le importazioni di merci cinesi al fine di ridurre il deficit nella bilancia commerciale tra i due paesi.

Nel settembre 2018, imponendo dazi del 10% su un numero molto grande di prodotti cinesi, il presidente americano dava di fatto il via alla più grande guerra commerciale degli ultimi decenni. Al momento si stima che i dazi imposti dall’amministrazione americana ammontino a circa 250 miliardi di dollari, a cui Pechino ha risposto mettendo a sua volta tariffe doganali che affliggono le merci americane per un ammontare di circa 110 miliardi di dollari.

Le conseguenze sui mercati finanziari

Agli inizi dell’anno si era giunti ad una sorta di tregua armata, dove entrambi le parti si impegnavano a non introdurre nuovi dazi o tariffe più pesanti, al fine di intavolare una discussione mirata ad un accordo. L’ottimismo per una conclusione positiva delle trattative aveva dato nuova linfa ai mercati finanziari, contribuendo in maniera decisiva ai considerevoli rialzi a cui abbiamo assistito negli ultimi quattro mesi.

Ma le ultime esternazioni di Trump, che ha confermato la volontà di estendere i dazi a tutte le importazioni di prodotti cinesi, portando così l’importo totale delle tariffe doganali a quasi 500 miliardi di dollari, hanno nuovamente riportato il pessimismo sulle borse mondiali, causando il crollo delle borse asiatiche il giorno dopo l’annuncio ed un conseguente ribasso sui mercati di tutto il mondo.

Se vi sarà un lieto fine e si giungerà ad un accordo in tempi più o meno rapidi, è lecito aspettarsi una nuova spinta alla crescita economica globale ed una ritrovata fiducia sui mercati finanziari.  Il possibile ritorno da parte della Fed ad una politica restrittiva con una previsione di rialzo dei tassi ridurrà la percezione del dollaro come bene rifugio, e sarà quindi plausibile un indebolimento della valuta americana. In caso contrario la volatilità continuerà a farla da padrone.

Gli effetti della guerra commerciale

Sicuramente la strategia protezionista del Presidente Trump di imporre dazi sulle merci cinesi (e non solo) ha portato all’aumento dei consumi di prodotti americani, rendendoli di fatto più convenienti rispetto ai beni importati, ma qualche problema si è comunque verificato. In molti casi non sono le imprese cinesi a pagare i dazi, bensì gli importatori americani che possono decidere di assorbire i costi e quindi diminuire il loro profitto oppure scaricare questi costi sulla clientela aumentando il prezzo dei beni.

Di contro alcuni settori hanno incontrato crescenti difficoltà nel principale mercato asiatico.  Le ritorsioni tariffarie cinesi hanno particolarmente colpito i ricavi delle maggiori case automobilistiche americane, e anche nel campo alimentare l’introduzione dei dazi in Cina si è fatta sentire sugli esportatori di carne americana e anche sul colosso Coca Cola che ha dovuto aumentare i prezzi in Nord America per compensare le perdite di quote di mercato in Asia. Ma le conseguenze di queste tensioni non toccano solo i due paesi coinvolti, il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente affermato che la guerra commerciale indebolisce l’economia globale, stimando una riduzione della crescita mondiale pare allo 0,5% per il 2020.

La controffensiva cinese

Come abbiamo visto la Cina non è rimasta a guardare ed oltre alle già citate tariffe doganali che potrebbero essere estese qualitativamente e quantitativamente, vi sono una serie di misure che sono in fase di valutazione. Da una campagna volta a boicottare l’acquisto e il consumo dei prodotti americani – strategia già messa in atto dalla Cina contro la Corea del Sud e il Giappone negli ultimi anni – all’inasprimento dei controlli doganali e delle ispezioni, che porterebbero a ritardare eccessivamente l’ingresso dei beni americani sul mercato.

Potrebbe altresì sabotare la catena di produzione globale. In Cina vengono infatti prodotti moltissime componenti che vengono poi trasformate o assemblate dalle aziende americane e vendute come prodotto finito: un blocco delle esportazioni di queste merci avrebbe un discreto impatto sull’efficienza dell’economia americana, anche se Trump ha prontamente affermato che sarebbe un’occasione per finalmente portare tutta la catena produttiva in America. L’arma finale potrebbe essere la svalutazione del Renminbi, la moneta nazionale, nei confronti del dollaro, rendendo i prodotti cinesi molto competitivi sui mercati esteri andando così a compensare l’aggravio imposto dai dazi

Un cauto ottimismo

Sono sempre più numerosi gli analisti che credono in una conclusione positiva delle trattative sul commercio tra Stati Uniti e Cina. Il protrarsi della guerra commerciale non è certamente utile alla Cina. La crescita inferiore alle attese dell’economia cinese e le previsioni non troppo rosee per il prossimo futuro, potrebbero indurre Xi Jin Ping a fare importanti concessioni per chiudere un accordo con gli Stati Uniti.  Una prospettiva sicuramente più allettante per il governo cinese rispetto all’adozione di misure di politica monetaria volte alla stimolazione del credito.

Dal canto suo Trump, nonostante i modi bruschi, si è dimostrato un abile negoziatore e la sua ultima mossa più che una rottura delle trattative sembra finalizzata a dare una accelerazione delle stesse. Con le elezioni presidenziali alle porte Trump ha tutto l’interesse a supportare la crescita economica e a presentarsi con un accordo (possibilmente molto vantaggioso) al pubblico americano.

Claudio Freschi

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1 commento

Bracco 14 Maggio 2019 - 12:15

temo che Trump alla fine ci farà la figura del bulletto che viene menato dalla vittima sbagliata.

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