Roma, 21 apr – Il Decreto Cutro ha ottenuto il sì del Senato con 92 voti favorevoli e 64 contrari, dopo la bagarre di ieri che ha evidenziato l’assoluto stato confusionario della maggioranza, sopratutto sul tema della “protezione speciale”.
Decreto Cutro, sì alle pene severe ai trafficanti
Il decreto Cutro introduce pene molto severe ai trafficanti di esseri umani, i quali potrebbero, in base ad esso, essere condannati anche a 30 anni di carcere, “quale conseguenza non voluta” di attività che possano essere ritenute pericolose, degradanti e inumane nel trasporto dei clandestini e che ne possano provocare morte o lesioni gravissime. Rispetto al testo originario c’è una novità, dal momento che si specifica la concretezza del reato con “qualsiasi” mezzo di trasporto utilizzato. Le opposizioni, ovviamente, urlano. Anche perché gli emendamenti sulle richieste di modifica all’articolo sono stati tutti bocciati. Confermata, inoltre, la stretta sulla protezione speciale ai clandestini. Il tutto in contesto parlamentare al solito ben poco civile, diviso tra esultanze e “buu” di disapprovazione non a caso richiamate dal presidente del Senato Ignazio La Russa con una frase abbastanza inequivocabile: “Guardate che la partita di calcio non è oggi”.
Bene la stretta, ma serve molto altro
Il governo si “riprende” dopo le convulse giornate passate, ovviamente la Lega esprime soddisfazione, sembra tutto ricomposto anche se evidentemente non può essere così. Stabilire pene per trafficanti e scafisti che nella migliore delle ipotesi ne saranno a conoscenza e proseguiranno comunque nella loro attività, però, può valere fino a un certo punto. Occorrerrebbe fermare e tamponare in qualsiasi modo possibile le partenze, prima ancora che stabilire pene severe che potrebbero dissuadere solo parzialmente a una pratica ben più profonda e articolata. Senza contare l’ammontare di risorse aumentate per gli hotspot (e quindi, come sempre, per l’accoglienza) previste sempre dal decreto Cutro che hanno il sapore di “cerchiobottismo”. Se si iniziasse a spendere per investire economicamente sui territori di partenza piuttosto che sulle strutture recepire disperati, forse, si farebbe un grande passo avanti. Anzitutto concettuale.
Alberto Celletti