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Decreto Dignità, Di Maio: "Ottomila posti in meno? Qualcuno ha manomesso la relazione"

by La Redazione
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Roma, 14 lug – “Ottantamila è un numero che non sta da nessuna parte, mi faccio una risata“. Così il vicepremier Luigi Di Maio in un video su Facebook a proposito delle critiche al decreto Dignità che porterebbe a una contrazione di 80mila posti di lavoro in dieci anni. Un provvedimento che prevede tra l’altro di ridurre la durata dei contratti di lavoro a tempo determinato dagli attuali 36 a 24 mesi.
“C’è un altro numero nella relazione che accompagna il decreto, il numero di ottomila”, prosegue il ministro del Lavoro. La relazione tecnica che accompagna il provvedimento ipotizza infatti che si possano perdere ottomila posti di lavoro per effetto delle misure previste. “Ci tengo a dirvi – continua Di Maio – che quel numero è apparso la notte prima che il decreto venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dal governo”. E insiste: “Quel numero per me non ha nessuna validità, perché nessuno ha spiegato davvero cosa significava”. E poi sferra l’attacco: “La verità è che questo decreto dignità ha contro lobby di tutti i tipi“. Insomma, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico non esclude l’ipotesi di complotto contro il governo. O meglio, contro il suo decreto, considerato da Di Maio un simbolo della sua linea politica. E anche un modo per riequilibrare i rapporti di forza nel governo, rispetto all’immagine di un esecutivo a trazione leghista. E ancora: “Non è una cosa che ci hanno messo i miei ministeri, non è una relazione che hanno chiesto i miei ministeri e soprattutto la relazione non è stata chiesta dai ministri della Repubblica”.
Nel mirino di Di Maio ci sono soprattutto le società che gestiscono i giochi. “Non me ne frega niente che lo Stato fa soldi con il gioco d’azzardo legale, non me ne frega neanche niente che le squadre di calcio o i giornali hanno i loro introiti dal gioco d’azzardo, perché spendiamo miliardi di euro della sanità per disintossicare dall’azzardopatia e curare la depressione. Il minimo sindacale da fare è eliminare la pubblicità e l’abbiamo eliminato”.

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