Roma, 26 nov – Il Movimento 5 Stelle correrà da solo in Emilia Romagna e in Calabria. A confermarlo una volta per tutte è il capo politico Luigi Di Maio. Ospite di Serena Bortone ad Agorà, il ministro degli Esteri ha smentito l’ipotesi di un accordo con il Pd in Calabria, ribadendo l’intenzione del M5S di presentarsi come forza alternativa. “Callipo? – dice Di Maio riferendosi al candidato alla presidenza calabrese – Smentisco qualsiasi accordo con il Pd in Calabria. Quando parlo con Grillo e ci confrontiamo sulle questioni di governo locali siamo tutti e due d’accordo che si può convergere sui temi ma che non possiamo sostenere il candidato di un partito. Se facciamo convergenza sui temi va bene ma non si è mai parlato di patti, Ulivi o contro-Ulivi”. Stesso discorso per l’Emilia Romagna: “Era stata descritta come la regione del M5S in guerra – spiega Di Maio – io ho trovato tanto affetto e su 60 interventi che ho sentito 59 mi hanno detto che dobbiamo andare da soli. Solo uno ha detto di sostenere Bonaccini ma noi – precisa il capo politico M5S – non possiamo per statuto“.
D’Uva: “No a seconda consultazione M5S sul voto in Emilia Romagna”
Al contempo, il 5 Stelle Francesco D’Uva ha affermato che il Movimento non terrà una seconda consultazione sulle regionali in Emilia Romagna: “Abbiamo appena votato su Rousseau, non mi pare il caso di rifarlo“, ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera. “Ci troveremmo a disagio in un accordo regionale con il Pd. Meglio allearsi con le forze civiche”, ha spiegato, nonostante sia “giusto stare insieme a Roma, perché non si può governare da soli”. D’Uva ha poi escluso che l’esito del voto abbia impatti sul governo: “Solo un folle può pensare una cosa del genere, è assurdo che un governo sia appeso al risultato di un”elezione regionale”. Facile a dirsi. Meno facile per il Pd, che se dovesse perdere la roccaforte rossa per antonomasia avrebbe enormi difficoltà a rimanere al governo. Anche Di Maio si è augurato che le elezioni regionali non siano un referendum sul governo: “È successo anche in Umbria, il giorno dopo le elezioni gli umbri sono spariti”.
Giallofucsia spaccati, altro che contratto di governo
Ma il vero nodo politico è la convivenza a Palazzo Chigi. Il Pd ha risposto picche al M5S quando ha proposto di sottoscrivere un contratto di governo come fece con la Lega. A riproporre la formula del contratto (a partire da gennaio) è stato Beppe Grillo in persona. Ma il capo delegazione Pd nel governo, Dario Franceschini, ha respinto l’ipotesi di un “contratto garantito da un notaio perché non servono firme, ma un’intesa politica”. Insomma i dem vogliono continuare ad avere le mani libere. Il recente, aspro scontro sul Mes – il cosiddetto salva Stati Ue, che il premier Giuseppe Conte, in ossequio ai diktat di Bruxelles, vorrebbe “rifilare” agli italiani – che vede i 5 Stelle contrari e i dem favorevoli la dice lunga. Per non parlare della discussione e approvazione della legge di Bilancio, che riprende oggi l’iter in commissione Bilancio al Senato. Sulle politiche economiche, insomma, i giallofucsia sono spaccati. E nel bel mezzo – non dimentichiamocelo – c’è Italia Viva di Renzi.
Adolfo Spezzaferro
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