Roma, 16 set – “L’appartenenza a correnti o cordate è diventato l’unico modo per fare carriera e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso“. E’ l’accusa lanciata dal pm Nino Di Matteo nel presentare la sua candidatura alle elezioni suppletive del Consiglio superiore della magistratura alla sede dell’Associazione nazionale magistrati. “Non serve una riforma punitiva del Consiglio superiore della magistratura, ma bisogna dargli l’autorevolezza di organo costituzionale senza distinzioni legate all’apparenza o al gradimento politico“, è la posizione di Di Matteo. Il Pm è si detto contrario anche all’ipotesi di sorteggio per l’elezione dei togati: “Rispetto i colleghi che lo hanno proposto per superare il correntismo, ma è incostituzionale. E’ inammissibile che magistrati che decidono su ergastoli e patrimoni non possano avere competenza e autorevolezza per eleggere i consiglieri del Csm”.
La denuncia: “Magistratura pervasa da cancro in espansione”
“Negli ultimi anni – è l’attacco del pm – la magistratura è pervasa da un cancro che si sta espandendo, i cui sintomi sono evidenti: la burocratizzazione, la gerarchizzazione degli uffici il collateralismo con la politica, la degenerazione correntizia”. Ecco perché, in merito al caso Palamara e al mercato delle toghe, Di Matteo afferma: “Dobbiamo avere il coraggio di dire che quanto è emerso dall’inchiesta di Perugia non ci deve stupire. Non c’è spazio per lo stupore, siamo tutti responsabili di questa situazione”. La magistratura, ha detto ancora, “è l’avamposto più alto di difesa della Costituzione rispetto alla volontà di poteri striscianti, non solo illegali, di limitare autonomia e indipendenza e renderla collaterale e servente rispetto alla politica“. Una difesa senza se e senza ma dell’autonomia della magistratura. Ma quella vera, non quella professata dalle toghe rosse quando rivendicano il loro essere (fintamente) super partes. Chissà quanti voti prenderà, Di Matteo, dopo questo attacco.
Ludovica Colli