Roma, 29 lug – «Ci sono pazzi che credono di essere Napoleone e pazzi che credono di poter risanare le Ferrovie dello Stato», amava dire Giulio Andreotti. Uno di questi matti, evidentemente, dev’essere stato Mauro Moretti, appena “promosso” dalle strade ferrate alla guida della disastrata Finmeccanica.
Dopo l’approvazione del bilancio da parte del consiglio di amministrazione societario, ad aprile, è infatti arrivata la certificazione da parte della Corte dei Conti, competente in materia in quanto la società, pur di diritto privato, è controllata totalmente dal ministero dell’Economia ed espleta un servizio pubblico. La magistratura contabile rileva, sulla scorta dei 460 milioni di euro di utile netto, «il raggiungimento degli obiettivi strategici e gestionali definiti nel Piano di Impresa». Il risultato è in crescita di oltre il 20% sull’anno precedente, crescita dovuta «all’incremento dei ricavi operativi del Gruppo che hanno sostanzialmente guidato la crescita del margine operativo lordo nonché sull’aumento di tutti gli altri risultati intermedi».
Lo sviluppo degli ultimi anni ha coinciso con una serie di fattori, sia interni che esterni. Anzitutto la riorganizzazione del gruppo, portata avanti dall’ex amministratore delegato Mauro Moretti. In secondo luogo gli aumenti tariffari accordati che hanno permesso, rimanendo comunque al di sotto della media europea, di recuperare margini -nonostante il maggior concorrente sull’alta velocità, Italo, sia a pieno regime di operatività- e finanziare investimenti anche nell’ambito del trasporto locale. Quest’ultimo rappresenta, da parte sua, una nota dolente. L’esercizio è sì svolto dalle Ferrovie, ma in regime di concessione. Concessionarie -ed incaricate della contribuzione a supporto del servizio universale- sono le regioni, i cui tempi di saldo sono in molti casi difficilmente sostenibili. Rileva, infatti, sempre la Corte dei Conti, che esiste una problematica relativa all’indebitamento del gruppo, ma: «in un contesto che vede rilevanti ritardi nei pagamenti da parte di alcune regioni italiane, con il rischio del mancato rispetto degli impegni contrattuali».
Filippo Burla