Roma, 17 set – Si è pronunciato anche il Garante della privacy Antonello Soro sull’attacco politico di Facebook a CasaPound, che (con il placet della sinistra italiana) ha predisposto la cancellazione pretestuosa di migliaia di profili, account e pagine legate al movimento, azzerando così, di fatto, l’agibilità delle tartarughe frecciate sulla piattaforma.
Diritti calpestati
In un suo intervento su Il Messaggero Soro (che, sottolineiamo, ebbe a ricoprire incarichi istituzionali tra le fila del Partito democratico) spiega, non senza preoccupazione, che il “potere esercitato ad esempio da Fb, rispetto ad alcuni profili riconducibili a CasaPound”, ha un impatto “rilevantissimo sui diritti fondamentali”. Apprensione espressa per l’enorme “ruolo sociale” assurto dalle piattaforme; un ruolo così rilevante che “oggi, ogni limitazione nel loro uso comprime inevitabilmente la libertà di espressione, con riflessi ulteriori quando oggetto di ‘censura’ siano idee politiche; incidendo dunque su libertà che costituiscono la ‘pietra angolare’ della democrazia”.
Arbitrarietà degli algoritmi e vuoti normativi
Le valutazioni della piattaforma in merito alla liceità dei contenuti politici, secondo Soro non sono delegabili agli algoritmi: “Se, infatti, la selezione algoritmica è tendenzialmente affidabile se riferibile a parametri oggettivi (quali ad esempio la porzione di “pelle” esposta ai fini della pedoprnografia), più difficile ne appare l’estensione alla valutazione semantica dei contenuti, che implica un apprezzamento in certa misura discrezionale difficilmente delegabile alla macchina”. C’è il rischio, quindi, “che le piattaforme digitali divengano gli arbitri della libertà di espressione, disponendo così, di fatto, del potere di selezione dei contenuti da diffondere”. Secondo Antonello Soro, in sostanza, l’ultima parola deve essere sempre affidata all’autorità giudiziaria e non unicamente alle società private: “E’ indispensabile che la composizione, in ultima istanza, di diritti fondamentali quali dignità e libertà di espressione sia sempre affidata all’autorità pubblica, impedendo tanto derive in senso lato ‘censorie’, quanto il rischio che la rete, da spazio di promozione dei diritti di tutti, divenga il terreno su cui impunemente violarli”.
Il pericolo di Libra
Non sorprende in realtà la presa di posizione del Garante della privacy, il quale unitamente ad esponenti dell’autorità Garante delle comunicazioni, da tempo ritiene necessaria la costituzione di un’autorità che sovraintenda la regolazione della società digitale. Soro si era in realtà già espresso in maniera molto preoccupata sulla potenziale creazione di Libra, la cripto moneta che Facebook starebbe per lanciare e che avrebbe un vantaggio enorme rispetto alle monete nazionali: la piattaforma social, infatti, è depositaria di una mole virtualmente infinita e transnazionale di dati personali, a differenza degli Stati nazionali che al massimo possono disporre dei dati dei loro cittadini.
E’ evidente che la gestione della censura e il “battere moneta” stiano nei fatti trasformando Facebook in una sorta di sovrastato globale a cui, spesso per inerzia o per mancata comprensione, sono state demandate dagli Stati delle funzioni tipicamente pubbliche e che ora il colosso gestisce come se le fossero da sempre connaturate. La preoccupazione espressa dalle autorità italiane ed europee – e anche la nostra – è che questo sovrastato rappresentato dalle piattaforme social faccia piombare il mondo in uno stadio pre-costituzionalistico, in una sorta di medioevo globale-digitale.
Cristina Gauri