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Guerra delle poltrone: al Pd sette ministeri. Di Maio “retrocesso” in Difesa

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 28 ago – Il “governo della poltrona M5S-Pd sta prendendo sempre più forma. Anche sulla spartizione dei ministeri. A quanto pare, al Pd dovrebbero andarne sette. Resta lo scoglio Di Maio, secondo i 5 Stelle il loro capo politico deve avere un ruolo nell’esecutivo. I dem hanno detto no sia alla carica di vicepremier che a un cambio della guardia con l’ex alleato Salvini al Viminale, quindi ora si ragiona su quale ministero concedergli (Di Maio – lo ricordiamo – attualmente è vicepremier, ministro dello Sviluppo economico e ministro del Lavoro). Attualmente in lizza per il capo dei 5 Stelle ci sarebbe il ministero della Difesa (oppure potrebbe restare al solo Sviluppo economico).

L’assalto del Pd ai ministeri di peso

Non è ancora chiaro se nella squadra di governo ci saranno anche i renziani, ma quel che è certo è che il Pd punta ai ministeri chiave: Esteri, Economia, Interno e forse anche Infrastrutture e Lavoro. Niente più doppio vicepremier, il segretario del Pd Zingaretti chiede un vicepremier unico: in pole position c’è Dario Franceschini, che avrebbe anche i Rapporti con il Parlamento (ma è in lizza anche Andrea Orlando, che avrebbe il dicastero dell’Ambiente). Agli Esteri è confermato il nome dell’ex premier Paolo Gentiloni. All’Interno potrebbbe andare un tecnico – il capo della Polizia Franco Gabrielli andrebbe ben anche i 5 Stelle. Come figura politica, invece, restano in lizza per il Viminale Marco Minniti (ex titolare nel governo Gentiloni) e Andrea Orlando.

La casella cruciale dell’Economia

Viste le scadenze con la Ue, un ministero cruciale è quello dell’Economia. In lizza ci sono il presidente della commissione Bilancio dell’Europarlamento Roberto Gualtieri, ma in casa Pd continuano a farsi i nomi di Antonio Misiani e di Fabrizio Barca mentre i renziani vorrebbero il (triste) ritorno di Pier Carlo Padoan. Danilo Toninelli sarà finalmente rimosso dal ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. Per il grillino No Tav ci sarebbe il posto di capogruppo in Senato, che Stefano Patuanelli lascerebbe per entrare nel governo. Per il Mit sono in corsa in casa dem la vicesegretaria Paola De Micheli, Roberto Morassut e (in quota renziana) Ettore Rosato.

I renziani chiedono almeno tre ministeri

Il M5S dal canto suo insiste per tenere alla Giustizia Alfonso Bonafede, mentre, nel caso in cui Di Maio si trasferisca alla Difesa, al Lavoro potrebbe andare l’attuale capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio. L’entrata nel governo dei renziani – che ancora non sciolgono la riserva – deve essere proporzionata alla loro forza nei gruppi parlamentari. Come è noto, le truppe dell’ex premier sono la maggioranza, in Aula. Pertanto chiedono almeno tre ministeri o non se ne fa niente. Va da sé che Zingaretti è incline ad accontentarli perché non può permettersi di avere una maggioranza in balìa del voto dei renziani. Ecco quindi che una volta conferito l’incarico al premier, la nuova battaglia sulle poltrone sarà tutta interna al Pd.

Adolfo Spezzaferro

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