Roma, 20 mar – Non si offenderà Pep Guardiola se, vicino al Guardiolismo, quel sostantivo che spiega alla perfezione la filosofia di gioco e di pensiero vincente e dai tratti molto netti del tecnico spagnolo del City, parliamo adesso di Gattusismo, in riferimento a Rino Gattuso, l’allenatore del Milan, che in cosi poco tempo ha saputo entrare nella testa dei suoi giocatori, trasformando il Milan; prima dandogli un grande senso di appartenenza e di sacrificio e poi portandolo al sesto posto solitario in classifica con possibile vista sulla zona Champions. Un miracolo sportivo pensando a quella squadra, smarrita, senza forza e coraggio, ereditata da Montella. Ringhio Gattuso allora allenava la Primavera rossonera. Il suo passato da tecnico sapeva tanto di un qualcosa di arruffato, forzato, improbabile e talvolta inappropriato, per la pochezza, la precarietà dei club che gli concedevano una panchina e gli scarsi risultati: Sion, Palermo, Ofi Creta e due stagioni al Pisa partendo dalla Lega Pro. Allora, i rumors degli addetti ai lavori sulle qualità e sulle conoscenze del Gattuso allenatore erano inversamente proporzionali ai riconoscimenti per la grande carriera del Gattuso calciatore. Presa in mano la squadra alla quindicesima giornata, (2 a 2 in trasferta a Benevento, Rino ci ha messo un po’ a far quadrare i conti) prima ha rifatto la preparazione atletica, dando forza e resistenza alla squadra poi, da insospettabile psicologo ha cominciato a dare autostima e consapevolezza ad un team costato ben 250 milioni al mercato estivo.
NUMERI DA RECORD – E’ stata davvero dura all’inizio: a parte il successo casalingo per 2 a 1 con il Bologna alla seconda partita dell’Era Gattuso, la squadra ha poi perso addirittura 3 a 0 a Verona e a San Siro per 2 a 0 con l’Atalanta. In tanti a quel punto hanno cominciato a massacrare il povero Gattuso, considerato alla stregua di un Forrest Gump della panchina, promosso in prima squadra per contenere i già proibitivi costi del club. Invece, con l’inizio del nuovo anno e poi del girone di ritorno, la scelta del direttore sportivo Mirabelli, calabrese come Gattuso, ha cominciato a dare i suoi frutti. Nelle ultime dieci partite di campionato, la formazione rossonera ha vinto otto volte e pareggiato due; deve recuperare ancora il derby con l’Inter fissato il prossimo 4 aprile e nella seconda parte di campionato ha il secondo miglior tabellino di marcia tra tutte le squadre di serie A, con 25 punti conquistati, soltanto 3 meno della Juve capolista, che il Milan affronterà a Torino il prossimo 31 marzo.
MILAN GIOVANE E ITALIANO – Il Gattusismo insomma è tutta questa roba qua: la trasformazione di semplici soggetti che prima facevano – male e con poca convinzione – il loro lavoro, quasi fossero delle pedine senza volto e senza identità, in un manipolo di ragazzi guerrieri che si sente addosso un senso di appartenenza totale. Il Milan oltretutto è una delle squadre più giovani e italiane del campionato: una filosofia da guardare con simpatia. Donnarumma è addirittura nato nel ’99, in difesa ci sono, tra gli altri, Romagnoli del ’95 e Calabria del ’96, mentre a centrocampo, anche se impiegato poco c’è il ’98 Locatelli che ha la stessa età di Cutrone, il giovane attaccante rivelazione della stagione. Suo compagno di reparto è il portoghese André Silva, nato nel ’95, sbloccato dopo un lungo letargo proprio con la cura Gattuso e protagonista della rete del successo sul Chievo domenica a San Siro. Il Gattusismo è un’attitudine tutta particolare che si allontana dallo stereotipo del tecnico snob e che tiene le distanze dai suoi giocatori. L’allenatore Ivan Gattuso assomiglia molto al giocatore Ringhio Gattuso: per come si agita in panchina, per le movenze e le attitudini che più si avvicinano al giocatore che è stato che all’allenatore: prima e dopo ogni partita si mette al centro con i ragazzi e fa discorsi aggreganti e di autostima da capitano non giocatore. Ma guai a sgarrare dimostrando scarso impegno, allontanandosi troppo dal quel cuore e furore che Rino metteva in mezzo al campo. Ne sa qualcosa Kalinic, non convocato per scelta tecnica contro il Chievo. Tutta da leggere e da interpretare la spiegazione del tecnico nel dopo partita: “… io non porto rancore, domani è un altro giorno. Ma le regole sono uguali per tutti: i ragazzi sanno che hanno a disposizione il mio cuore, ma durante gli allenamenti voglio vedere grande voglia. Se non la vedo, con me non si va d’accordo. Non rompo le scatole in niente, ma sul campo pretendo grande impegno: chi non si allena bene resta a casa…”.
Scampoli di Gattusissmo insomma. Quell’allenatore alla buona, che però è stato capace anche di compiere, per il momento, un’altra grande impresa: sedare e motivare uno spogliatoio che con Montella non remava tutto nella stessa direzione, perché le scelte Bonuccicentriche di inizio stagione soprattutto del club, la scelta di affidare subito la fascia di capitano all’ex juventino, non era stata tanto digerita e cominciava a procurare un disimpegno pericoloso nella testa dei rossoneri. Benvenuti nel Gattusismo allora, nuovo conio per identificare il profilo di un allenatore importante. Non se ne abbia Guardiola con il suo Guardiolismo. Antitetico per esempio al Mourinhismo dello Special One e adesso, con un nuovo e rampante concorrente italiano.
Paolo Bargiggia
1 commento
Premesso che Gattuso mi piace anche se non sono milanista e mi piaceva anche da calciatore, perche’ rappresenta un calcio genuino e di tanto sudore(lavoro).
Chissa’ come mai nessun giornalista si scandalizza se Gattuso dice una parolaccia in campo o in intervista, mentre per Sarri si sta facendo una crociata infame?