In Liguria le “coop rosse” hanno il monopolio su qualunque affare. Considerazioni complottistiche? No, lo dice il ministero dello Sviluppo Economico che parla di “vizio di eccesso di potere”. Il riferimento è al caso dell’imprenditore Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, che aveva denunciato le ostruzioni mossegli dal Comune di Genova che voleva impedirgli a tutti i costi di aprire un supermercato. Caprotti aveva acquistato un capannone abbandonato. Il Comune aveva risposto che non si poteva costruire, il piano regolatore diceva il contrario. Ecco perché Esselunga nel ricorso aveva parlato di “una limitazione della concorrenza travestita da riequilibrio territoriale”.
Ma non è finita qui. Nel maggio del 2012 il giudice per le indagini preliminari Silvia Carpanini ha rinviato a giudizio nove persone con l’accusa di scrivere dei bandi ad hoc per le cooperative in modo che fosse impossibile perdere la gara d’appalto. Non ci sono opere pubbliche compiute negli ultimi anni che non siano state realizzate da una coop: Terminal dei traghetti, Porto antico, Palazzo Ducale, allargamento della Fiera di Genova. Alberto Gagliardi (Idv) nel 2006 aveva dichiarato: “Le più rilevanti opere pubbliche della città, che a differenza della Regione è sempre stata governata da giunte di sinistra, sono tutte targate coop. Si è cominciato negli anni 70 con la vergognosa cementificazione delle nostre colline, poi la metropolitana, il quartiere della Madre di Dio, lAcquario, la facoltà di Economia, la speculazione di Costa degli ometti a Quarto, il sottopasso di Caricamento, il parcheggio di piazza della Vittoria, il Terminal Traghetti, lExpo colombiano, il parcheggio di Portofino. Ma gli esempi sono decine”.
Come se non bastasse, le coop si sono messo a fare affari con la finanza. Nemmeno a farlo apposta, Remo Checconi e Bruno Cordazzo, membri di punta del sistema cooperativo ligure, fanno parte del Cda di Banca Carige, assieme al fratello di Scajola. E come sono finiti gli investimenti fatti con i soldi dei soci? Secondo Il Sole 24 Ore “UniCoop Firenze, Coop Adriatica, Coop NordEst, UniCoop Tirreno, Coop Lombardia, Coop Estense, Coop Centro Italia, Coop Liguria e Nova Coop- hanno registrato svalutazioni per complessivi 371 milioni di euro sulle loro partecipazioni, in prevalenza di finanza strategica, con una perdita aggregata finale di 153 milioni nonostante il saldo positivo della gestione finanziaria (221 milioni)”.
Da Palermo a Genova, le spese pazze dei Consigli regionali uniscono tutta la classe politica italiana. Nicolò Scialfa, ex vicepresidente della Regione Liguria e ex capogruppo dell’Idv, è ai domiciliari per delle spese folli finite sul rendiconto del gruppo regionale dell’Idv. Queste le parole del giudice nell’ordinanza: “ad onta del suo stato di incensuratezza (Scialfa) risulta coinvolto in condotte illecite predatorie e dissipatorie di risorse pubbliche, la cui realizzazione ha richiesto pervicacia nell’agire e ha lasciato emergere una totale indifferenza e spregio per gli interessi economici della collettività”. Nell’inchiesta sono finiti anche altri consiglieri regionali. I rimborsi andavano dall’acquisto di vini francesi fino alle mutandine da donna. Secondo la ricostruzione del Secolo XIX, a questa inchiesta se ne sarebbe aggiunta un’altra che vede coinvolto Rosario Monteleone, punta di diamante dell’Udc e accusato di peculato: avrebbe prelevato dai depositi del gruppo consiliare dell’Udc fino ad 8 mila euro al mese per arrotondarsi lo stipendio.
Roberto Guiscardo