Roma, 5 giu – E’ una crisi senza fine quella dell’Ilva, con il colosso ArcelorMittal che ha annunciato oggi la cassa integrazione per 1400 dipendenti. Una doccia fredda, l’ennesima per chi lavora da anni nell’azienda che si occupa della produzione e della trasformazione dell’acciaio. La produzione era già stata rallentata a maggio (da 6 a 5 tonnellate), ufficialmente a causa della crisi del mercato che coinvolgeva anche lo stabilimento di Taranto. Adesso per 13 settimane un numero massimo al giorno di 1400 lavoratori finirà in cassa integrazione, con l’azienda che ha informato della decisione le organizzazioni sindacali.
“È una decisione difficile- ha spiegato l’Amministratore Delegato di Arcelor Mittal Italia, Matthieu Jehl- ma le condizioni del mercato sono davvero critiche in tutta Europa. Ci tengo a ribadire che sono misure temporanee, l’acciaio è un mercato ciclico”. Ulteriori dettagli saranno forniti durante un incontro che si terrà domani, e pur ribadendo di trovarsi in uno scenario “molto critico, ArcelorMittal Italia conferma il proprio impegno su tutti gli interventi previsti per rispettare il piano industriale e ambientale, al termine dei quali, con un investimento da più di 2,4 miliardi di euro, Taranto diventerà il polo siderurgico integrato più avanzato e sostenibile d’Europa”.
Le mancate tutele Ue
La crisi dell’acciaio europeo appare comunque evidente, soprattutto se guardiamo agli ultimi mesi, con un forte rallentamento del mercato ad oggi in calo del 10%. Tutto questo significa minor carico di ordini e dunque di lavoro. La riduzione della domanda di acciaio in Italia è però dovuta anche a un eccesso di importazione da altre nazioni. Una situazione ulteriormente aggravata dalle misure di salvaguardia della Commissione Ue, scarse e deboli. Non a caso ieri 45 Amministratori Delegati dei più importanti gruppi siderurgici europei hanno lanciato un appello, scrivendo una lettera aperta ai Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea e alle istituzioni Ue. Chiedono un intervento urgente a sostegno del settore.
Eugenio Palazzini
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Un altro “successo” delle privatizzazioni fatte negli anni novanta…