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Immigrati, la proposta di Francia e Germania? Inutile tranello per l’Italia

by Lorenzo Zuppini
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Roma, 19 lug – Accusano Salvini di aver disertato sei delle sette precedenti riunioni dei ministri dell’Interno europei e come al solito, i suoi detrattori, quelli che restano umani anche mentre dormono, rimediano una figura grottesca. Sì, perché all’indomani del meeting di Helsinki, a cui ha partecipato anche il nostro ministro dell’Interno, possiamo affermare senza esitazione che si è trattato dell’ennesimo tentativo di incastrare l’Italia in un accordo sull’immigrazione a dir poco osceno.

E sono sempre i moraleggianti di cui sopra ad ammonirci perché non stendiamo tappeti rossi alla cancelliera Merkel e al presidente Macron. La proposta presentata da Germania e Francia ribadisce la priorità di far sbarcare tutti gli immigrati raccolti in mare in Italia e a Malta, trattandosi dei porti sicuri più vicini, eppoi, pensando d’avere a che fare con dei completi idioti, punta a una coalizione di “Stati volonterosi” pronti ad accettare le redistribuzione. E tra questi ovviamente non compaiono le suddette Francia e Germania, bensì Lussemburgo, Portogallo e Finlandia, incalzati dalla coppia egemone ad aprire le proprie frontiere a chicchessia.

Proposte e controproposte

Matteo Salvini ha risposto con un secco no ai colleghi Christophe Castaner e Horst Seehofer, l’uno francese e l’altro tedesco, scongiurando l’ennesimo drammatico accordo ai danni dell’Italia. In realtà il ministro Salvini aveva anche presentato una controproposta basata sulla necessità di spartirsi gli immigrati raccolti in mare per poi effettuarne l’espulsione nel caso in cui non siano rifugiati. Il problema di questa sua proposta deriva dai numeri: il 10% scarso è composto da veri rifugiati, dunque gli Stati europei, secondo questo progetto, si troverebbero ad accettare un numero indefinito di immigrati di cui il 90% andrebbe rispedito a casa propria. Ha senso? Verrebbe poi ignorato il flusso di esseri umani che ingrassa i trafficanti e fa gongolare le Ong, le quali andrebbero messe al bando con un accordo europeo di difesa dei confini esterni. Altrimenti è inutile straparlare di comunità d’intenti se una capitana qualsiasi, dopo aver caricato i clandestini, viola svariate leggi italiane e incassa la solidarietà di mezza Europa.

È probabile che Matteo Salvini non possa spingersi più in là con le proposte per via dei partner di governo che barcollano tra Fico e Di Battista, ma, equilibri politici a parte, è ormai chiaro che la soluzione per essere definitiva deve prevedere il blocco alla fonte di quel flusso che altrimenti risulterà inarrestabile. Ed è drammatica la miopia dei ministri europei che si danno un gran d’affare per riproporre lo schema dell’Italia che si sobbarca tutta l’accoglienza possibile, ignorando il fatto che, vadano dove vadano, gli africani intenti a partire destabilizzeranno l’intero continente. Anche solo per la drammatica questione della denatalità che ancora oggi fingiamo di non conoscere.

Finti eroi e di accattoni d’applausi

La Carola Rackete è ricomparsa per l’interrogatorio con la Procura d’Agrigento. I magistrati si sono detti soddisfatti e il clima parrebbe sereno. La capitana era felice d’aver potuto raccontare in mondovisione i fatti risalenti al 12 giugno, data in cui lei afferma d’aver salvato dei naufraghi ma che in verità si trattò della solita messinscena strappalacrime secondo la quale casualmente delle persone finiscono in mare e altrettanto casualmente qualcuno chi si trova nei pressi gli presta soccorso. Una narrazione talmente sciocca e vergognosa che solo la sinistra dei trinariciuti, per dirla alla Guareschi, può dare credito all’autore di tale copione. Il suo legale si è scagliato contro il ministro dell’Interno che, a detta sua, alimenta il clima d’odio con le sue dichiarazioni irresponsabili. E bravo avvocato, oggigiorno un po’ di difesa ad minchiam di una donna lottatrice per i diritti dei bisognosi fa sempre bene, porta sempre fieno in cascina.

D’altronde era evidente sin dall’inizio che la vicenda di Carola e della Sea Watch 3 non riguardava i meri reati poi contestategli, bensì una implicita dichiarazione di guerra al governo di uno Stato sovrano che, forte del voto popolare, ha deciso di intraprendere una certa strada in fatto di immigrazione e accoglienza. Il tutto con l’ausilio di parte della classe dirigente italiana che, priva di qualsiasi senso delle istituzioni, si è sin da subito schierata dalla parte di chi col nostro codice penale si pulisce il deretano. E Gandhi e Pannella e gli scioperi della fame e le canne davanti al Parlamento (hanno tirato in ballo chiunque) e le proteste più disparate nel tentativo di rendere digeribile un sopruso insopportabile per chiunque abbia un minimo di senso della vergogna. Ma loro non ne hanno, e difatti appaiono sempre più stranieri in casa propria.

Lorenzo Zuppini

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