Home » Istat rivede al ribasso Pil 2018: ecco perché la “manovra del cambiamento” non servirà

Istat rivede al ribasso Pil 2018: ecco perché la “manovra del cambiamento” non servirà

by Filippo Burla
0 commento
istat occupazione

Roma, 1 mar – L’Istat ha rivisto oggi le stime sul Pil del 2018, ribassandole a +0,9% dal +1% precedente. Se si tratta del quinto anno consecutivo di crescita, la sua dinamica rallenta però sensibilmente rispetto al +1,5% toccato nel 2017. Gli effetti, a cascata, si fanno sentire anche sugli altri indicatori di finanza pubblica. Ad esempio il debito, che tocca in percentuale (132,1% del Pil) il valore più alto mai raggiunto. Peggiora anche il deficit, al 2,1% rispetto all’1,8% previsto dal governo nell’ultima nota di aggiornamento al Def.

Una pessima congiuntura

A pesare nella revisione è soprattutto la seconda parte dell’anno, la cui congiuntura negativa – sulla scia delle turbolenze globali – è riuscita a trainare al ribasso tutti i 12 mesi. Mettendo così anche una seria ipoteca sulle aspettative per il 2019. Se il nuovo anno doveva essere quello del “nuovo miracolo economico” (almeno a sentire Luigi Di Maio), il rischio è invece quello di assistere all’ennesimo periodo di magra nel solco della stagnazione secolare in cui siamo impantanati da vent’anni.

Spiega infatti sempre l’Istat che tra i fattori che hanno condotto al ribasso delle stime troviamo sia la componente interna che quella estera. La prima è in “netto ridimensionamento”, con la spesa delle famiglie sì in crescita ma a tassi sensibilmente inferiori rispetto al passato. Analogo discorso vale per la domanda estera, che cresce del +1,9% quando l’anno scorso arrivò a sfiorare il +6%. Non va meglio per gli investimenti, passati dal +4 al +3,4%.

Non basterà la “manovra del cambiamento”

Di fronte a questa evidente frenata, a poco potrà la “manovra del cambiamento”. La quale deve sì ancora dispiegare compiutamente i suoi effetti, ma è lecito attendersi già in previsione risultati non decisivi. Laddove latita ancora la domanda interna, a causa delle dosi di austerità somministrate negli anni scorsi (e dalle quali, per inciso, la finanziaria attuale non si discosta), non basterà infatti il reddito di cittadinanza a risollevarne le sorti. Tanto più che, dal lato degli investimenti – che portano con sé moltiplicatori fiscali più elevati – troviamo poco o nulla. Eppure la componente interna è l’unica sulla quale, in assenza di possibilità di agire sulla leva monetaria, il governo avrebbe la possibilità di agire concretamente. Proteggendosi così, almeno in parte, dalle intemperie internazionali a cui l’appartenenza alla moneta unica ci ha esposto. Certo, questo implicherebbe ridosare il deficit a livelli sensibilmente maggiori. E quindi riaprire il tavolo con l’Ue. Al quale rischiamo invece di sederci solo per discutere l’ennesima manovra correttiva ai danni dell’Italia.

Filippo Burla

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati