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La Lega vince nell’Italia profonda. Prima in provincia ma in nessuna delle grandi città

by Davide Di Stefano
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Roma, 27 mag – Vincere con un consenso “democristiano” del 34%, dare 12 punti di distacco al secondo arrivato, 17 al terzo, senza però arrivare prima in nessuna delle dieci città più grandi d’Italia. E’ forse questo uno dei dati che meglio testimoniano l’affermazione della Lega, ma soprattutto di Salvini, eroe strapaesano che segna un ulteriore record: mai a memoria d’uomo era accaduto un fatto del genere nelle elezioni italiane. E’ forse la rappresentazione più cristallina della formula ormai un po’ stantia dell'”alto contro il basso”, anche se in questo caso suona più corretto dire il “centro contro la periferia”. E se ridotti piddini come il cuore dell’internazionale Milano o i municipi della Roma bene erano ormai dati acquisiti, altri lo sono un po’ meno.

Nelle grandi città Salvini perde sempre tra il 4 e il 7%

La lega arriva seconda a Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze dietro al Pd. Nel meridione, dove il primo posto è ancora del Movimento 5 Stelle, arriva seconda a Bari e terza a Napoli, Catania e Palermo. In queste provincie la Lega prende dai 4 ai 7 punti in più rispetto al voto relativo al solo territorio del Comune capoluogo: è primo partito infatti in tutte e tre le province del fu “triangolo industriale” del nord ovest e anche in quella di Roma. Nella Capitale la dinamica “centro vs provincia” è evidente anche all’interno dello stesso Comune, con la Lega che prende il 18 per cento nel I Municipio e il 36% nel VI (quello di Torre Maura). Anche nei grandi centri del Sud la Lega perde tra i 4 e i 7 punti nei comuni capoluogo rispetto al dato dell’omonima provincia. E i competitor della Lega in città recuperano sempre, anche fino a 15 punti percentuali.

L’Italia subalterna

Ovviamente la statistica delle grandi città risente dell’assenza dei centri veneti nelle prime dieci posizioni. Ma anche a Venezia e Verona, rispettivamente undicesima e dodicesima città italiana per popolazione, il trend è lo stesso. La Lega arriva sì prima nelle due principali città venete, ma raccogliendo “solo” il 37% rispetto alla media regionale che sfiora il 50%. Più che le “classi subalterne” come dice Gad Lerner (sottintendendo “i poveri e gli ignoranti”), è l’Italia subalterna ad affidarsi a Salvini.

Quella fuori dalla narrazione dei media, che non si scalda certo per casi mediatici come il Salone del libro o le manganellate ai giornalisti di Repubblica, che non capisce perché un tot di persone hanno iniziato a mascherarsi da Zorro e che non si “indigna” se Salvini bacia il rosario, si affida a Maria e invoca i santi. Anzi, probabilmente lo trova familiare e “vicino”. E anche nel campo religioso nel consenso vince il basso (la fede popolare), contro l’alto (la Cei, Bergoglio), la periferia contro il centro (il Vaticano). Stesso discorso vale per Lampedusa, Riace e Capalbio, piccoli centri, “periferie”, trascinati loro malgrado al centro dell’attenzione mediatica sull’accoglienza. Luoghi dove Salvini ha preso “a sorpresa” percentuali bulgare. A ribadire ancora una volta che la realtà dei numeri sconfigge sempre le “narrazioni” ad uso dei buonisti.

Davide Di Stefano

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jason17 27 Maggio 2019 - 10:29

A mio modo di vedere, la Lega non riesce ad affermarsi nelle grandi città, a causa del costante aumento degli allogeni nei centri urbani maggiormente popolati. Purtroppo, basta prendere la metropolita di Milano, per rendersi conto che nel giro di pochi decenni saremo una minoranza; sinceramente non sono infastidito da asiatici e latino americani, perché riconosco ai primi una cultura millenaria da cui possiamo attingere per arricchirci, e, ai secondi, una matrice comune sia spirituale che, parzialmente, linguistica. Poi ci sono i cittadini dell’est Europa, che quantomeno sono caucasici e condividono le stesse radici cristiane con noi autoctoni. Il dramma sono gli africani ed islamici in genere, che trovano sponda nelle quinte colonne nostrane, per le loro assurde rivendicazioni; a ben guardare, sono gli unici che si lagnano assiduamente, per qualche capriccio insensato, (luoghi di culto, case popolari, sussidi), che mai oserebbero chiedere nei loro luoghi di origine. Bisogna ammettere che la definizione ” risorse “, assegnata dalla Boldrini, a questa marmaglia è coerente col pensiero dei farabutti di sinistra; sono le loro ” risorse ” elettorali per gli anni a venire.

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Cesare 28 Maggio 2019 - 12:06

Forse l’ arrivo di molti immigrati illegali nelle provincie italiane puo’ aver contribuito ad un senso di rigetto nelle popolazioni autoctone che sono piu’ unite culturalmente e che si sono viste arrivare anche molti criminali o mendicanti molesti non desiderati.Nelle grandi città questo fenomeno è piu’ circoscritto nei quartieri popolari e quindi il problema in quartieri delle classi medie è probabilmente meno sentito.

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Giorgio 28 Maggio 2019 - 9:38

Il pd -perlomeno a Torino- stravince (aimè) nelle zone belle del centro, precollina, crocetta ecc. insomma dove abitano i cittadini piu’ benestanti che un tempo votavano PLI, DC e qualcuno PCI.
In alcune zone delle città il problema dell’immigrazione si risolve nelle interessanti discussioni sulle colf della Moldavia o filippine o sui giovani di colore che chiedono un euro davanti ai negozi; gli unici extracomunitari che vivono nei bei palazzi sono svizzeri o americani …
Negli anni 60 e 70 i neo-borghesi che votano pd erano “incuriositi” per come vivevano gli “opevai”, adesso la moda è cambiata.

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