Roma, 19 ott – La “manina” potrebbe scatenare una crisi di governo. Volano stracci tra M5S e Lega sul caso del testo del dl Fiscale, modificato non si sa da chi. I 5 Stelle tengono la linea dura e annunciano di non essere disponibili a votare alcun condono penale sul riciclaggio né tanto meno a dare il via libera ad uno scudo fiscale sui capitali esteri che l’elettorato grillino non accetterebbe mai.
Di Maio e i suoi chiedono che il decreto torni alla versione originaria, altrimenti il rischio di una crisi di governo è più che possibile. Il “problema è politico” e deve essere risolto, ha detto chiaramente il viceministro dell’Economia, Laura Castelli, concetto ribadito poi dal vicepremier pentastellato.
Il problema è che anche la Lega non schioda dalla posizione, con il vicepremier Matteo Salvini che aveva escluso un nuovo Consiglio dei ministri. Poi però si è imposto il premier Giuseppe Conte (“Decido io”) e ha convocato il Cdm per domani, mettendo tra l’altro in evidenza che il provvedimento è stato approvato all’unanimità.
Quello che lascia presagire una possibile crisi è la caccia al capro espiatorio da parte di entrambi gli schieramenti. La famigerata “manina” di chi è? E’ quella di un tecnico del Mef oppure è quella di un politico? Tra i 5 Stelle – Di Maio in primis – si è pensato al sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, che ha replicato: “Io sono una persona per bene, non consento a nessuno di alludere a complotti e trame oscure, con dichiarazioni così scomposte. Se si continua ad attaccare chi prova a tenere in piedi la baracca, il governo non andrà molto lontano”.
Adesso, nella Lega ma anche nel M5S, puntano il dito su Laura Castelli. Secondo quanto viene riferito da fonti governative di entrambi i partiti, il numero due all’Economia sarebbe accusata di mancata efficacia nella gestione della formulazione del decreto. Non avrebbe compreso appieno il senso, l’impatto e le conseguenze dei provvedimenti condivisi.
Nel M5S in effetti la supervisione tecnica del testo era affidata a Castelli. E in diversi suggeriscono che vi siano state delle mancanze da parte sua. Ma lei respinge le critiche: “Mica scrivo io le norme”, ha fatto sapere tirando invece in ballo le responsabilità di chi ha seguito i lavori dal fronte leghista.
“La Lega sapeva”, riferiscono fonti governative, e accusano che la norma sui capitali esteri, che adesso, per come è scritta, di fatto non prevede sanzioni. Norma che nella prima bozza non c’era e adesso sì.
Comunque, “il M5s non voterà un salvacondotto per i furbi, per gli evasori che fanno riciclaggio e autoriciclaggio. Non possiamo rendere immuni i furbi“, ribadisce Di Maio.
Sul fronte opposto, Salvini tira dritto: “Nessun trucco. Legge di Bilancio e decreto fiscale sono passati in Consiglio dei ministri all’unanimità. Nessuno ha votato contro. Anche perché quello che chiamate condono, un condono non è“.
Oggi poi il ministro dell’Interno assicura: “Fino alle europee? Macché, noi governeremo insieme fino al 2023”. La Lega non fa “ribaltoni, inciuci e tranelli”, garantisce Salvini. “Dopo le nuvole torna sempre il sereno – scrive il leader del Carroccio sul social network – chi si arrende ha già perso, mai mollare”. E rassicura: “Oggi sono in Trentino ma domani volo a Roma per risolvere i problemi. Basta litigi“.
Ma se l’allarme crisi è rientrato lo scopriremo al Cdm di domani. Vedremo se il testo del dl Fiscale tornerà quello iniziale e quindi se la spunteranno i 5 Stelle.
Adolfo Spezzaferro
La "manina" può far cadere il governo. Ma Salvini minimizza: "Tornerà il sereno"
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