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Legge di Stabilità, cade la riduzione del cuneo fiscale

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Cuneo-fiscale-ecco-perche-si-devono-abbassare-le-tasse-sul-lavoro_h_partbRoma, 19 dic – Doveva essere la chiave di volta della Legge di Stabilità. Alla fine, si risolve in un “vorrei ma non posso”. Con buona pace degli auspici del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che va da mesi ripetendo come la riduzione del cuneo fiscale sia la questione di primaria importanza all’ordine del giorno. Non senza ragione: di fronte ad una pressione di oneri sul lavoro (principalmente dipendente) giunta ben oltre il limite di sostenibilità, senza un intervento deciso la strada verso la progressiva deindustrializzazione è sempre più in discesa.

La proposta-base su cui si discuteva, con un sostanziale consenso tra governo e parti sociali, prevedeva di agganciare automaticamente l’abbattimento delle tasse sul lavoro ai risparmi conseguiti dal piano di revisione della spesa e agli introiti derivanti dal contrasto all’evasione fiscale. In questo senso la dote poteva essere notevole, garantendo da subito una boccata d’ossigeno a imprese e lavoratori. In sede di conversione in legge dell’emendamento all’ex finanziaria, tuttavia, la struttura ne esce totalmente svuotata e depotenziata. Nei fatti, non si avrà alcun automatismo e il fondo istituito all’occorrenza sarà alimentato solo dai maggiori risparmi e dalle maggiori entrate conseguite rispetto a quelle programmate. Ciò significa che, qualora la rimodulazione della spesa pubblica o la lotta all’evasione non diano risultati ulteriori a quanto già statuito in bilancio di previsione, alcuna risorsa verrà destinata all’auspicato taglio delle tasse.

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Nessuna riduzione in vista per il cuneo fiscale sul Lavoro

L’articolato di legge prevede infatti esplicitamente che il fondo verrà alimentato nel 2014 con i risparmi derivanti dalla spending review «fermo restando il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica» e, per i due anni successivi, «dalle maggiori entrate incassate rispetto a quanto previsto a legislazione vigente, derivanti dalle attività di contrasto all’evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall’attività di recupero fiscale svolta da Regioni, Province e Comuni». Dal 2016 in poi, invece, «con le maggiori entrate incassate rispetto all’anno precedente, derivanti dalle attività di contrasto all’evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall’attività di recupero fiscale svolta dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni»

Se all’inizio era dunque lecito parlare di cifre nell’ordine dei miliardi di euro, le aspettative ne escono totalmente ridimensionate. Per non dire potenzialmente azzerate. Sarà da vedere quanto il commissario Cottarelli riuscirà nell’improbo compito che i governi si portano appresso dalla reggenza di Mario Ferrari Aggradi al ministero del Tesoro nei primi anni settanta e che, affidato di recente alle cure dei tecnico-accademici Enrico Bondi e Francesco Giavazzi, dalla montagna di attese ha partorito il proverbiale topolino. E cade cosi, in ultimo e per l’ennesima volta, anche il cavallo di battaglia sulla lotta all’evasione e cioè la promessa che di fronte all’onestà fiscale si avrebbe la possibilità di pagare meno tutti.

Filippo Burla

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