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Legge di Stabilità: per gli industriali non è abbastanza

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SquinziRoma, 26 ott – «La risposta contenuta nella legge di stabilità non è stata all’altezza delle attese». Queste le parole di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, in audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato a pochi giorni dal varo della manovra finanziaria. Una manovra, va detto, che ancora deve passare all’esame del parlamento ma dal quale difficilmente uscirà riformata nel senso atteso dal patron degli industriali.

Squinzi si riferisce principalmente allo scarso ed inefficiente intervento di riduzione del cuneo fiscale, nello specifico allo sgravio Irap per i nuovi assunti che è marginale e nemmeno potrà essere utilizzato da tutte le imprese. Se inserito in un quadro di massiccia riduzione della produzione industriale per una nazione (ancora) manifatturiera come la nostra, offre l’idea della pochezza delle misure adottate. Certo i vincoli di bilancio (segnatamente gli europei) ai quali decidiamo di adeguarci limitano i margini, ma un cambio di paradigma si rende necessario. Senza per questo scivolare nell’eresia o in spregiudicati salti mortali, basterebbe una rilettura di Keynes: il moltiplicatore della spesa pubblica produttiva ha effetti espansivi maggiori rispetto ai recessivi prodotti da quelle politiche vanno sotto il nome di austerità. E’ un principio di buon penso prima ancora che di teoria economica.

Quello stesso buon senso che permea la richiesta, sempre da parte del titolare della Mapei, di «rilanciare la domanda privata di beni di investimento». Domanda privata, domanda interna. La Spagna sta uscendo dalla recessione ma solo grazie all’export, mentre i salari e i redditi dei lavoratori sono scesi nell’ordine del 10%. L’Italia è su una diversa lunghezza d’onda e i segnali di stress non sono al momento ancora paragonabili a quelli iberici. In altre parole: parlare di macelleria è sempre macabro e forse per l’Italia nemmeno corretto, ma l’idea è quella. Certo la stabilita’ politica, il dinamismo e il recupero di competitività attirano flussi, ma il modello è difficilmente sostenibile già solo sul medio termine. Se questa sarà la direzione del venturo “Destinazione Italia” dal quale molto si attende ma che ancora deve essere perfezionato allora Squinzi non avrà di che preoccuparsi: la domanda interna non sarà più affar nostro ma degli investitori esteri, con la politica nazionale ancora ad auto-esautorarsi.

Filippo Burla

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