Roma, 6 ago – Lo si attendeva questa dato, era nell’aria, e in molti avevano la percezione che qualcosa fosse ulteriormente peggiorato nella fotografia economica del paese, ma in pochi avrebbero immaginato che il Pil virasse al ribasso in maniera così repentina. L’Istat ha presentato un dato impietoso: -0,2% sul primo trimestre dell’anno in corso con una tendenza annua in ulteriore diminuzione, -0,3%.
L’Italia torna ufficialmente in recessione avendo registrato un calo congiunturale del Pil per due trimestri consecutivi. Secondo l’istituto, il calo è frutto di una variazione negativa di tutti e tre i comparti dell’economia: agricoltura, industria e servizi. In termini reali, aggiunge l’Istat, il Pil si è riportato ai livelli del secondo trimestre dell’anno 2000.
Dopo la divulgazione del dato, Piazza Affari ha cominciato ad accusare pesanti perdite un po’ su tutti gli indici. Gli analisti interpellati da Reuters scommettevano su un progresso dello 0,2%. La terza economia dell’area euro è ripiombata tecnicamente in recessione.
La maggior parte delle economie industrializzate sono tornate su livelli pre-crisi. Non l’Italia, che è ben lontana. E l’Ue prevede un impatto negativo sui conti, cosa che del resto, nonostante le smentite di una manovra correttiva, determinerà da qui, ad inizio 2015, delle misure economiche eccezionali.
Il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, a differenza del suo predecessore, butta la spugna e non mostra alcun cenno di ottimismo: in una intervista al Sole 24 Ore, il ministro rileva che “il quadro macroeconomico che si sta delineando in questi mesi e in queste settimane è molto più deteriorato di quello di qualche settimana fa”.
Difficile che qualcosa possa cambiare da qui a qualche mese. Il governo è completamente avviluppato nella battaglia sulle riforme istituzionali dando l’impressione di non aver alcun ruolo decisionale sulle questioni economiche che per le linee guida, come ben sappiamo, sono a conduzione e indirizzamento Ue. Difficile che qualcosa possa cambiare perchè Matteo Renzi, che sarà anche un ottimo imbonitore, riuscirà a fare ciò che si rende necessario: uno shock radicale. Bisognerebbe andare in Europa e comunicare che l’Italia sospenderà alcuni dei trattati sottoscritti, Fiscal Compact e rapporto deficit/Pil su tutti, sino a quando non s’intravederà una consistente e certa crescita economica. Bisognerebbe, in sostanza, cambiare registro, effettuare coraggiosamente delle politiche economiche di tipo espansivo, uscendo fuori dalle gabbie imposte da assurdi trattati, mirando ad una attenta detassazione del costo del lavoro, defiscalizzando e agevolando le piccole e medie imprese, che potrebbero accedere più facilmente al credito negato dagli istituti bancari privati, utilizzando indirettamente Cassa Depositi e Prestiti attraverso la rete degli sportelli delle Poste Italiane.
Senza necessariamente uscire dall’Euro o dall’Unione europea sono innumerevoli le azioni che si potrebbero intraprendere per fermare lo scempio di questo lento e lungo declino economico nostrano. Senza dimenticare che nonostante tutte queste avversità, l’Italia resta pur sempre la terza economia del Continente. Quindi non sudditi di scelte economiche imposte, ma padroni del proprio destino, certi del nostro ruolo in seno all’Europa e forti del fatto che non potrebbe esistere alcuna Unione senza di noi.
Giuseppe Maneggio
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