Roma, 23 gen – Gianluca Paragone non spreca l’occasione e replica a Luigi Di Maio, che ieri nel discorso di dimissioni da capo politico del M5S, ha lanciato accuse contro i “nemici interni”. Il senatore espulso di fresco dai 5 Stelle mette una pietra tombale sul suo ex partito: “Il destino è fare i fratelli minori nel centrosinistra per dividersi un pezzo della mappa del potere“. Il vero traditore, insomma, per Paragone è proprio Di Maio. “Nessuno ha tradito – spiega sul Tempo – più di chi in due anni ha spento una speranza e dilapidato un patrimonio di consensi“.
“M5S? condannato all’inutilità”
“Non c’è bisogno della zingara per decriptare il futuro del Movimento: sarà una forza europeista e riformista, quindi inutile. E lo dico con dolore. Il famoso 33% non tornerà più perché non c’è più una offerta politica capace di illuminare le ingiustizie che il riformismo neoliberista ha generato”, sostiene Paragone. E’ stato proprio il M5S di Di Maio a tradire le aspettative di molti italiani, spiega: “Le ingiustizie contro cui si scagliò il Movimento erano il prodotto malefico di una stagione tossica, tecnica e politica, dove le insegne del Pd erano costanti. Ora il Pd fa da fratello maggiore. Less is more, dicono gli inglesi. Di Maio ha dovuto scriversi un testo lungo un’ora per terminare una seduta psicanalitica, individuale e collettiva nello stesso tempo”.
“Di Maio dimostra di aver sbagliato i tempi”
“Le sue dimissioni sono un altro segno della opacità di chi sbaglia i tempi. Dimettersi adesso non impedirà di scaricare su lui stesso lo shock di lunedì (a chi vuoi addebitarlo, a Vito Crimi?); né la possibile sconfitta in Campania, a fine febbraio, dove si voterà per le suppletive dopo la scomparsa del bravo e preparato senatore pentastellato Franco Ortolani”, sottolinea Paragone. Insomma, secondo il senatore ex M5S, Di Maio “avrebbe dovuto dimettersi all’indomani del voto su Rousseau attraverso il quale, chiedendo di presentarsi alle Regionali, si smentiva l’idea del capo politico“. Il Movimento, prosegue, ora “cercherà di ridefinire il proprio codice e quindi di abdicare al suo ruolo”.
“Errore votare la commissione Ursula”
Altro errore imperdonabile, “l’orgoglio di aver votato la Commissione Ursula“, dice convinto Paragone. Posizione che “smentisce ogni battaglia di cambiamento radicale. Visto che i commissari top player sono gli stessi della gestione Juncker; pertanto l’adesione all’europeismo stringerà ancor più gli spazi di manovra politica-economica”. Alla fine Paragone ci va giù pesante: se Di Maio ha rassicurato Conte che il governo non cadrà è perché ormai il M5S è come il Pd, un partito del potere oltre che di potere. Addirittura, verranno meno secondo lui “le campagne circa la revoca/annullamento delle concessione ai Benetton”.
“M5S avrà un pezzo del potere da gestire”
“Il Movimento in cambio – si dice convinto – avrà un pezzo della mappa del potere italiano da gestire: il che significa non soltanto gestire le nomine ma le risorse che le partecipate offrono a chi sa stare a Palazzo. Per farla breve il futuro del Movimento 5 stelle sta in quel mondo che il Movimento contestava in passato. Finché dura. (Ma non dura…)“, scrive Paragone. Intanto, tentano di restare aggrappati alla poltrona. Con Di Maio che rimane ministro degli Esteri, in attesa di una possibile rinascita del M5S. Proprio come fa il Pd, l’ex nemico giurato dei 5 Stelle, oggi alleato nella maggioranza giallofucsia.
Adolfo Spezzaferro