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Processo Thyssen: pensavo, credevo, invece…

by Cesare Garandana
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lo-stabilimento-thyssenkrupp-di-torino_39336Torino, 19 set – Si può affermare con una certa dose di sdegno che i 7 operai periti nel rogo del 6 dicembre 2007 alla ThyssenKrupp di Torino siano morti per la seconda volta: prima nel fuoco, nella tragedia del lavoro più grande degli ultimi decenni, poi per mano della Suprema Corte di Cassazione, tanto ligia a far osservare i divieti su leggi ormai obsolete o a disquisire sulla legittimitĆ  o meno di un saluto e tanto indegna nel formulare le motivazioni che in Appello hanno ridotto le pene per i dirigenti dell’acciaieria torinese.

Cassazione-kEuH--258x258@IlSole24Ore-Webā€œNessuna pena aumentataā€ e giĆ  basterebbe. Ma la beffa totale arriva con le dichiarazioni sull’allora AD Italia di ThyssenKrupp, Harald Espenhahn: ā€œLa holding aveva avviato una decisa campagna di lotta senza quartiere al fuocoā€ ed Espenhahn aveva nello specifico ā€œun ruolo di grande rilievo e nulla induce a ritenere che egli abbia scientemente disatteso tale forte indicazione di politica industrialeā€. Quindi l’impianto processuale condotto dal PM Guariniello, basato su fatti incontrovertibili quali lo stato pietoso delle linee di lavoro in uno stabilimento destinato all’epoca alla chiusura e in cui non si effettuavano più migliorie di sicurezza, le dichiarazioni dello stesso Espenhahn che aveva ammesso di correre il rischio sullo stabilimento di Torino, e quelle di capi e operai secondo i quali la fabbrica veniva ā€˜pulita’ quando arrivava lui in visita, da cui la violazione arbitraria e sistematica di ogni norma di prevenzione del lavoro, con sette vite spazzate via in pochi minuti, risulta essere al limite dell’infondato. Se, secondo i Supremi Giudici, la ditta aveva una politica industriale di sicurezza e l’Amministratore Delegato ĆØ stato ligio al dovere aziendale, la domanda allora sorge spontanea: la Cassazione pensa che i sette operai se la siano cercata?

Il processo che aveva messo in vetrina, per una volta positiva, la giustizia italiana, a questo punto si rivela davvero un processo italiano: nessun colpevole, nessuna negligenza, nessuna responsabilitĆ . I sette operai, le loro famiglie, noi tutti, non meritiamo giustizia, non meritiamo che qualcuno paghi. Come affermato dalla mamma di Roberto Scola, 32 anni, che lasciò due bimbi piccoli ā€œL’Italia non c’è più in nulla. Non c’è più nel lavoro, politica, societĆ  civile. E non c’è più neppure la legge. Cos’è, hanno comprato pure i giudici? Hanno corrotto tutti?ā€

In fondo ce la cerchiamo. E ce la meritiamo. Vero, Suprema Corte?

Gaetano Saraniti

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Dirigenti Thyssen senza vergogna: in fuga dalla giustizia italiana, ora chiedono la semilibertĆ  | Il Primato Nazionale 30 Maggio 2020 - 1:59

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