Roma, 26 feb – Le chiusure a singhiozzo di bar e ristoranti – oltre 160 giorni totali – costano in termini di mancati incassi milioni di euro: ecco perché un gruppo di ristoratori toscani annuncia una azione collettiva contro il governo. Sono gli imprenditori riuniti sotto la sigla Tni-Tutela Nazionale Imprese-Ristoratori Toscana, che chiedono a Palazzo Chigi il conto dei danni provocati dal lockdown e dalle chiusure “a colori” degli ultimi mesi. La citazione è stata depositata lunedì scorso presso il tribunale civile di Roma dagli avvocati Gaetano Viciconte e Fabio Cappelletti. “Risarcire i ristoratori di tutti i danni subiti – scrivono i legali – per l’impossibilità di esercitare la propria attività economica per effetto dei provvedimenti normativi“.
L’azione collettiva dei ristoratori toscani contro il governo
Sono oltre un centinaio i ristoratori toscani, da lunedì in presidio a oltranza in piazza Montecitorio, che hanno sottoscritto l’azione collettiva. Obiettivo: chiedere un accertamento del diritto di ottenere un risarcimento. Sulla base della riduzione del fatturato, dei costi variabili e fissi, del danno da perdita di clientela e da perdita del valore aziendale nel suo complesso. Danni dovuti all’impossibilità di esercitare l’attività per effetto delle restrizioni e chiusure imposte con i vari Dpcm durante tutta la pandemia.
Al governo contestata legittimità dei provvedimenti e congruità dei ristori
Al governo viene contestata la legittimità dei provvedimenti e la congruità dei cosiddetti ristori. “Non si contesta l’obbligo di chiusura – chiarisce l’avvocato Viciconte – ma la poca attenzione alle istanze di questi imprenditori, al loro diritto di salvaguardare l’integrità dell’azienda. L’Italia ha adottato misure diverse da quelle che sono state prese in altre nazioni come Francia, Inghilterra o Germania. Siamo andati al risparmio con un meccanismo normativo anomalo“.
Conte ha chiuso tutto con i Dpcm e rimborsato con i decreti legge: uno schema strano
A quanto pare Conte, seppur uomo di legge, non l’avrebbe applicata a dovere. Anzi. “Si sono limitate le libertà individuali ed economiche con atti amministrativi, i Dpcm, mentre per gli indennizzi si sono usati i decreti legge. E’ uno schema strano, che di fatto ostacola i meccanismi di tutela per chi volesse contestare i ristori“, spiegano i legali dei ristoratori. Per questo motivo i due avvocati chiedono al tribunale, nel caso in cui “dovesse ritenere che esorbiti dai suoi poteri quello di condannare lo Stato a pagare il corretto ammontare della indennità”, di sollevare la questione di legittimità costituzionale.
“Tasso di copertura delle perdite risibile: poco meno del 7%”
I ristori messi a disposizione per compensare le chiusure sono insufficienti. “Il terzo trimestre del 2020 si è chiuso per le imprese della ristorazione con una contrazione del fatturato pari al -16,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – si legge – con riferimento ai primi nove mesi del 2020 mancano all’appello ben -23,4 miliardi di euro. Sebbene in termini assoluti la somma sia certamente importante, i 29 miliardi di euro di aiuti diretti erogati fino a ora dal governo alle attività economiche coinvolte dalla crisi pandemica sono stati del tutto insufficienti”. Il danno inflitto al settore è drammatico. “Se rapportiamo questi 29 miliardi alla stima riferita alle perdite di fatturato registrata l’anno scorso dalle imprese italiane, importo che sfiora i 423 miliardi di euro, il tasso di copertura è stato pari a poco meno del 7% circa: un’incidenza risibile“.
Il portavoce di Tni Italia: “Fino a ora solo briciole, coprono il 4% del fatturato mensile”
“Aiuti? Solo briciole fino a ora. Coprono al massimo il 4% del fatturato mensile. Siamo stanchi delle promesse, vogliamo fatti. Non ce ne andremo da piazza Montecitorio fino a che non partirà il primo bonifico del bonus filiera e avremo la certezza dei ristori quinquies”, avverte il portavoce di Tni Italia e presidente di Ristoratori Toscana Pasquale Naccari.
Rispetto a Francia e Germania, il governo Conte si è sprecato
Il governo Conte si è sprecato, in proporzione agli altri partner Ue. Basti pensare a “Francia, Germania e Inghilterra, che hanno ritenuto necessario prevedere contributi a fondo perduto a favore di imprese e lavoratori autonomi”. Tutti i Paesi, si legge infine nella citazione depositata in tribunale, hanno fissato dei limiti massimi di contributi ottenibili dalla singola azienda. “Mentre solo in Italia si è mantenuto fermo il criterio temporale utilizzato inizialmente, la perdita di fatturato ad aprile 2020 rispetto ad aprile 2019“. Viciconte e Cappelletti in conclusione chiariscono che “il rimborso deve corrispondere al danno emergente ed al lucro cessante, derivante dall’illegittima sospensione dell’attività commerciale”. Ristori di tutt’altra entità, dunque.
Adolfo Spezzaferro