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Risultati record per Sace. Ecco cosa privatizzano

by Filippo Burla
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SACERoma, 6 feb – Risultato lordo 2013 a quota 490 milioni di euro, in crescita del 25% rispetto ai 394 milioni di euro registrati nell’esercizio precedente. Garanzie anch’esse in crescita del 2%, a 8.7 miliardi di euro. Oltre 30 miliardi di euro assicurati in termini transazioni commerciali internazionali.

Questi i numeri del preconsuntivo Sace, società assicurativo-finanziaria nata nel 1977 ed interamente controllata da Cassa depositi e prestiti. Originariamente sotto l’ala del ministero dell’Economia, il trasferimento nel perimetro operativo della finanziaria pubblica giunto a perfezionamento nel 2012 non ha inciso sulla redditività del gruppo, che anzi sembra aver sfruttato nel miglior modo le sinergie proprio con Cdp. L’oggetto sociale di Sace comprende l’assicurazione del credito, la protezione degli investimentie le garanzie finanziarie, specialmente con riferimento al commercio estero.

Una funzione essenziale quella svolta da Sace in termini di politica estera, politica commerciale e quindi in definitiva di politica industriale. Degli 8.7 miliardi in garanzie, quasi il 70% e cioé 5.7 miliardi sono infatti andati a sostegno delle esportazioni italiane. Risorse preziose in un contesto globale nel quale le imprese nazionali non sempre riescono a competere con gli omologhi esteri stanti problemi di natura creditizia, dimensionale ed anche burocratica.banner_home_PMI_top

«Un risultato al di sopra delle aspettative conseguito in un anno ancora difficile per l’Italia», ha dichiarato Alessandro Castellano, amministratore delegato di Sace. Prosegue l’ad: «Un risultato che conferma la validità di un modello di business fondato sulla partnership con migliaia di esportatori italiani, in prevalenza Pmi, con cui intendiamo continuare a condividere un comune percorso di crescita sui mercati internazionali».

Nonostante le potenzialità di crescita future, nonostante i generosi dividendi che anche quest’anno verranno staccati all’azionista di controllo e per essere così poi reinvestiti nel tessuto produttivo nazionale (attraverso i numerosi fondi allo sviluppo istituiti in seno alla Cdp), anche per Sace si profila all’orizzonte il destino della privatizzazione. Non più con la “giustificazione” dell’inefficienza, della trasparenza, delle regole del libero mercato -il commercio internazionale d’altronde è proprio terreno di concorrenza- ma con la sola esigenza di fare cassa presto e subito. Le ipotesi allo studio sono la quotazione a Piazza Affari o in alternativa la trattativa diretta. Obiettivo raccogliere una manciata di euro: non più di quattro miliardi stando alle prime indiscrezioni che vedono oggetto della cessione il 60% del gruppo. Quattro miliardi che sull’attuale mole del debito pubblico rappresentano meno dello 0.2% del totale, cifra di per sé non sufficiente a coprire un percorso di riduzione delle passività di via XX Settembre, ma nemmeno a contrastare il loro costante aumento a dispetto delle manovre di austerità -privatizzazioni comprese- condotte fino ad oggi.

Filippo Burla

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