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Roma, Dzeko e Palmieri messi all'asta inglese: Pallotta scherza col fuoco

by Paolo Bargiggia
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Roma, 23 gen – L’indice di popolarità di James Pallotta sulla piazza romana è ai minimi termini e direttamente proporzionale alla stizza dei tifosi per le cessioni (ancora da perfezionare) di Dzeko ed Emerson Palmieri al Chelsea. Senza contare che, se non sarà in questa sessione di mercato, anche Nainggolan è comunque destinato a lasciare il club in estate. Dal punto di vista finanziario, l’eventuale doppia cessione Dzeko-Palmieri non fa una grinza perché pronta a generare una plusvalenza da almeno 49 milioni di euro sul bilancio, considerando che al 31 dicembre 2017, il bosniaco, pagato al City 21,5 milioni più bonus, era a registro per 11,5 milioni e il brasiliano, riscattato per 2, 6 milioni dal Santos, pesava solo per 1, 6 milioni. Aggiungendo il risparmio sull’ammortamento dei due per il secondo semestre del 2017/18 e i relativi ingaggi, ecco che mister Pallotta sta per fare il colpo un’altra volta a pochi mesi dalle super cessioni estive.
Questo, ai tifosi interessa meno e non è tutto oro quel che luccica anche ad un’analisi più attenta di tutte queste movimentazioni del patron americano che, serve ricordarlo, dall’aprile del 2011 è l’azionista di maggioranza della Roma e dall’agosto del 2014 il controllore totale, con l’acquisto del restante 31% delle azioni detenute da Unicredit per 33,5 milioni. Perché, se è vero che la situazione debitoria della Roma ha portato al vincolo Uefa del settlement agreement fino al 2019, con un bilancio che non potrà avere un passivo di oltre 30 mln spalmato nei 3 anni, non è altrettanto chiaro allora perché Pallotta non riesca a risanare ancora il debito nonostante le numerose plusvalenze ottenute prima con Sabatini e in estate con Monchi. Anzi, forse la spiegazione c’è ed è la seguente: Pallotta ha una gestione della squadra e del club così compulsiva (non solo calciatori, ma dirigenti, allenatori, medici e preparatori atletici che saltano come tappi) che riesce ad azzerare o a superare in negativo il malloppo generato dalle plusvalenze, attraverso acquisti ingiustificati per costi, cifra tecnica e quantità di giocatori.
In estate ha incassato praticamente 100 milioni dalle cessioni di Salah (42 mln), Rudiger (35) e Paredes (23) ma ne ha spesi quasi altrettanti acquistando con tempistiche e modalità differenti gente come Schick, 42 milioni, Defrel per 20 milioni, Karsdorp (infortunato) 14, Under 13, Pellegrini 10 , Mario Rui 6, Hector Moreno 5, 7, Gonalons 5, Kolarov 5 e altri milioni per riscatti vari come quello di Bruno Peres per esempio. Una scelta incomprensibile dal punto di vista economico e tecnico visto il rendimento (eccetto le eccezioni di Kolarov e Pellegrini) dei cosiddetti rinforzi. Ma il campanello d’allarme suona deciso con le cessioni di Dzeko e Palmieri messe in cantiere a stagione in corso e con una Champions League da conquistare con il sudore visto che adesso la Roma sarebbe fuori, perché al quinto posto dopo il pari di San Siro con l’Inter. Persino ai tempi del frenetico Sabatini, giocatori decisivi e del valore di Dzeko non venivano toccati, eccetto per la cessione di Gervinho, con relativa plusvalenza in Cina, ma quella dell’esterno era una storia diversa.
Quello che si sta per compiere sull’asse Roma-Chelsea deve suonare sicuramente come un campanello d’allarme. Perché se Pallotta continua a smontare e a rimontare il giocattolo e all’ultimo bilancio si trova con un passivo vicino ai 40 milioni, quindi fuori dai parametri del settlement agreement, delle due l’una: o sui conti la sua è una gestione molto approssimativa o, dentro agli stretti parametri Uefa, continua a giocare pericoloso perché, per ora, gli potrebbe quasi convenire sul piano personale. Qualche maligno sostiene che certo non fa bene alle casse della Roma, sempre sull’orlo del baratro, fare queste plusvalenze e poi azzerarle quasi immediatamente con movimentazioni discutibili in entrata, ma potrebbe invece convenire alle tasche della società dell’americano Pallotta che controlla la Roma ma che prima o poi, aumenti di capitale a parte, deve anche rientrare dai prestiti ad alti interessi ottenuti dalle banche d’affari per acquistare il club. Che poi, questo giochino stia minando la serenità e il rendimento della Roma è un’altra storia. Ma non certo da poco, specie per i tifosi che hanno tutto il diritto di essere preoccupati.
Paolo Bargiggia

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