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Sbarchi, alla faccia dei porti chiusi: 20 africani approdano ad Agrigento e fuggono

by Cristina Gauri
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Roma, 11 giu – Uno sbarco fantasma dietro l’altro, quattro episodi nel giro di pochi giorni che si aggiungono ai 190 immigrati approdati durante il precedente fine settimana. Nonostante i “porti chiusi”, nonostante il Viminale minimizzi, il fenomeno delle piccole imbarcazioni cariche di immigrati che prendono di mira le piccole località lungo le coste dell’Italia meridionale è in costante aumento. Con l’inizio della bella stagione e la presenza di condizioni meteorologiche favorevoli alle traversate in mare, il fenomeno è prevedibilmente destinato ad aumentare.

L’ultimo sbarco

L’ultimo episodio in ordine cronologico è avvenuto all’alba di lunedì in provincia di Agrigento, dove una ventina di immigrati si sono tuffati da un peschereccio proveniente dall’Africa e lasciato alla deriva nei pressi della spiaggia di Piana Grande a Ribera. Una volta raggiunto il bagnasciuga, gli stranieri si sono dileguati facendo perdere le proprie tracce. Lo segnalano gli attivisti dell’associazione Mare Amico, che hanno pubblicato materiale fotografico e video della barca. Proprio in queste ore i militari dell’Arma stanno rintracciando il gruppo di clandestini approdato ieri.

Un fenomeno in diminuzione?

Il Viminale assicura che il fenomeno è in diminuzione ma i fatti di cronaca degli ultimi giorni sembrano contraddire questa dichiarazione. Nella notte di sabato è stato segnalato lo sbarco di 15 eritrei a Lampedusa. Alcune ore prima la Guardia costiera aveva trainato una piccola imbarcazione con 38 persone a bordo (tra cui una bambina) provenienti da Guinea, Tunisia e Costa d’Avorio. Andando ulteriormente a ritroso, ricordiamo il tentativo di approdo sulle spiagge calabresi di 53 pakistani arrivati a bordo di una barca a vela guidata da due scafisti ucraini. Segnalata alla Guardia di Finanza di Vibo Valentia da un velivolo del Comando operativo aeronavale Pomezia delle Fiamme Gialle, la barca è stata scortata dai finanzieri nel porto di Crotone.

Cristina Gauri

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