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Cessioni alla Ue, tasse, Global Compact: è ancora il governo del cambiamento?

by Valerio Benedetti
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Roma, 20 dic – Le vacanze natalizie si avvicinano e il nuovo anno è ormai alle porte. Dal giorno dell’incarico (1° giugno), il governo Conte ha avuto sette mesi di tempo per iniziare a realizzare il suo programma di riforme. Eppure, alle roboanti promesse non sempre sono seguiti i fatti. Se Di Maio ha ottenuto il taglio dei vitalizi e Salvini è riuscito a ridurre dell’80% gli sbarchi di clandestini, l’esecutivo gialloverde si è tuttavia mostrato carente su almeno tre suoi cavalli di battaglia. Vediamoli:
1) Rapporto con l’Unione europea. Il governo ha annunciato sin dall’inizio che avrebbe fatto la voce grosse in Europa per riacquisire autorevolezza e far ripartire l’economia. Niente più austerity, dunque, ma iniezione di miliardi in favore di imprenditori e ceto medio impoverito. Ebbene, il braccio di ferro con Bruxelles è stato miseramente perso: dal 2,8% contenuto nella primissima bozza della «manovra del popolo», si è prima passati a un più «ragionevole» 2,4, per poi capitolare al 2,04. A quanto pare, quelle che Salvini aveva chiamato «letterine di Natale», inviate dall’«ubriacone» Junker, non hanno portato alcun dono. Semmai il contrario. E così, sia il reddito di cittadinanza che la quota 100, ossia due misure-chiave del governo, ne dovrebbero uscire notevolmente ridimensionate.
2) Più tasse. Con una Finanziaria stravolta, di fatto, dalla Ue, per realizzare reddito di cittadinanza e quota 100 le risorse vanno giocoforza trovate altrove. Viene così riposto in un cassetto il sogno leghista della flat tax. Di più: a farne le spese saranno, come sempre, i contribuenti, che rischiano di vedere un aumento dell’Iva (che per essere scongiurato richiederà nel 2021 grandi sacrifici), nonché l’introduzione della cosiddetta web tax. Inoltre, non ci saranno le tanto annunciate nuove assunzioni nella pubblica amministrazione. Anche qui, insomma, ci troviamo di fronte a un bilancio alquanto modesto dell’operato del governo.
3) Global Compact. A causa dell’ala più immigrazionista dei Cinque Stelle (quella che fa capo a Roberto Fico), Salvini e Di Maio non sono andati oltre a una semplice astensione dell’Italia alla votazione del patto Onu sull’immigrazione. Eppure, questo è un punto su cui il leader della Lega non dovrebbe fare sconti e, in caso, aprire una crisi di governo, come accaduto in Belgio, qualora il Global Compact fosse sottoscritto da Conte. Al contrario, Salvini e Di Maio hanno deciso di non decidere e di rimandare la questione (e la resa dei conti) a data da destinarsi. Nell’incertezza che regna sulla vicenda, tuttavia, una cosa è sicura: se l’Italia firma il Global Compact, allora tanto valeva tenersi Gentiloni…
Valerio Benedetti

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2 comments

Giorgio 20 Dicembre 2018 - 3:47

Alla domanda dell’articolo la risposta credo sia incerta. Pero’ è sicuro che, non solo per alcuni indiscutibili meriti di Salvini, questo Governo fin dal suo contestato ed osteggiato esordio, risulta di gran lunga migliore rispetto ai degenerati, vergognosi e non eletti che lo hanno preceduto.
Ormai la “luna di miele” è finita, emergono differenze e ci sono enormi pressioni -in primis economiche finanziarie- per fare naufragare il Governo. Pero’ va anche ricordato che con questo Governo abbiamo sentito finalmente il piacere che la nostra Nazione ha qualcuno a capo che, anche se forse non la ama nel modo desiderato, non è piu’ pronto a venderla come prima ed ha esordito (emozionato …) dicendo che intendeva essere l’avvocato degli Italiani, questo dopo una serie di esecutori fallimentari ….

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Tony 20 Dicembre 2018 - 8:52

….elezioni ue sono vicine..cambi di guardia e nella ”confusione” del ”chi arriva primo alle poltrone” si può sforare al 3….4%..

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