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“Usura raddoppiata con le chiusure anti-Covid”. Confcommercio lancia l’allarme

by Ludovica Colli
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Roma, 21 apr – “Usura raddoppiata a causa delle chiusure anti-Covid“: a lanciare l’allarme è Confcommercio. Complice il lockdown e le chiusure a singhiozzo durante la pandemia, il fenomeno dell’usura rischia di far chiudere 40mila imprese. Sono i numeri allarmanti di una analisi del Centro studi di Confcommercio. Come se non bastasse già la grave crisi economica causata dalle misure restrittive del governo, che, secondo i calcoli, potrebbe portare alla chiusura di 300mila aziende.

Sangalli (Confcommercio): “Senza soldi e con i conti da pagare, tanti imprenditori sono facili prede dell’usura”

I dati sono stati esposti nella Giornata della legalità, a cui ha partecipato anche il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. “Con il fatturato pesantemente ridotto, senza liquidità, senza credito e con i conti da pagare, è facile capire quanti imprenditori rischiano di essere facili prede per la criminalità organizzata e le pratiche di usura – sottolinea il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli -. Dal 2019 a oggi la quota degli imprenditori che ritiene aggravato il fenomeno è aumentata del 14%. E sono a immediato e grave rischio di usura circa 40mila imprese del commercio, della ristorazione e dell’alloggio“.

Al Centro studi specificano che “tra i fenomeni illegali l’usura è più che raddoppiata rispetto al 2019. La quota di imprenditori che ritiene aumentato questo fenomeno è salita al 27% contro il 12,7%“. Non sorprende, aggiungono a Confcommercio, che “il Sud sia tra le zone più colpite. Nel Mezzogiorno è anche maggiore il rischio di chiusura definitiva delle imprese. Tra nove grandi città italiane, Napoli, Bari e Palermo risultano quelle più esposte”.

“Con la crisi scatenata dal lockdown rischiano la chiusura 300mila imprese”

Confcommercio sottolinea inoltre che la crisi del settore non si ferma e spiega: “In assenza di adeguati sostegni e di un preciso piano di riaperture, rischiano la definitiva chiusura 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia“. “Le difficoltà economiche – sottolinea l’analisi – riguardano soprattutto la perdita di fatturato, la crisi di liquidità e le complicazioni burocratiche. Sul 2020 le imprese del commercio, alloggio e ristorazione indicano per il 50,7% una riduzione del volume di affari, per il 35,3% mancanza di liquidità e difficoltà di accesso al credito, per il 14% problemi di tipo burocratico”. Altro che ristori, dunque.

Tra le richieste al governo, anticipare prima possibile le aperture

Con questi numeri drammatici sulla crisi del settore, Sangalli chiede al governo di calibrare con attenzione il piano delle riaperture che rischia di penalizzare una fetta importante del tessuto commerciale e spiega: “Le riaperture per le sole attività all’aperto rischiano di penalizzare almeno la metà delle imprese che non possono usufruire di questa possibilità. Chiediamo quindi due ulteriori accorgimenti: da una parte, favorire una sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni locali nel permettere di utilizzare nuovi spazi pubblici e dall’altra anticipare il prima possibile le aperture anche all’interno, con distanziamento e protocolli di sicurezza”.

Lamorgese: “Denunciare è un dovere ma serve sentirsi meno soli, lo Stato sarà presente”

Dal canto suo, la Lamorgese avverte che sul fronte delle riaperture i “controlli saranno rigidi perché non possiamo rischiare di buttare a mare i sacrifici e gli sforzi fatti finora”. In merito alla crescita del fenomeno dell’usura, il ministro dell’Interno ricorda che “denunciare è un dovere ma serve anche a sentirsi meno soli“. E su questo fronte, assicura, “lo Stato sarà presente”.

Ludovica Colli

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