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Mistero nel golfo di Napoli: il mare “ribolle”

by Paolo Mauri
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vesuvio-1944-_-01Napoli, 24 mar – Le acque del golfo di Napoli hanno cominciato a ribollire. Il fenomeno non è nuovo ed è legato all’attività vulcanica che caratterizza il territorio del napoletano, dal Vesuvio ai Campi Flegrei passando per l’isola di Ischia. Al momento è stata avvisata la Guardia Costiera e verranno fatte tutte le verifiche del caso.

La fuoriuscita di gas vulcanici dal fondo marino è dovuta all’attività del complesso serbatoio magmatico che si trova in profondità (tra gli 8 e i 10 km) al di sotto del distretto vulcanico napoletano. Questi gas, che di solito sono composti da anidride carbonica, anidride solforosa, vapore acqueo e solfuro d’idrogeno sono il prodotto del degassamento del magma che riempie la camera magmatica che, periodicamente, provoca fenomeni più evidenti e spettacolari come le eruzioni del Vesuvio, i bradisismi, e l’attività idrotermale dei Campi Flegrei.

cf-localizzazioni-2005-2012Tutta la zona del golfo di Napoli è considerata attiva dal punto di vista vulcanico, difatti, oltre le ben note eruzioni del Vesuvio (l’ultima avvenne nel 1944), l’area dei Campi Flegrei è di fatto un sistema vulcanico complesso: l’ultima eruzione è stata quella del Monte Nuovo nel 1538 dopo un periodo di quiescenza durato circa 3mila anni ed è tra le eruzioni di minore intensità avvenute in quella zona.

La stessa isola di Ischia, ben nota meta turistica di livello internazionale, rappresenta la porzione sommitale di un cono vulcanico che si erge per circa 900 metri dal fondo della parte nord occidentale del Golfo di Napoli ed è stata caratterizzata da diversi periodi di attività dando luogo anche a grandi eruzioni esplosive, come quella del Tufo Verde del M. Epomeo verificatasi circa 55mila anni fa. L’ultima eruzione è avvenuta nel 1302 ed ha portato alla formazione della colata dell’Arso.

mt-vesuvius-plate-tectonicsPerché ci sono questi vulcani? Il Vesuvio, che è uno stratovulcano generato da un’attività che è variata nel corso della sua storia geologica, è riconducibile al complesso quadro tettonico del bacino Mediterraneo, ed in particolare alla subduzione della micro-placca di Adria al di sotto delle falde tettoniche appenniniche. La subduzione è la discesa nel mantello terrestre di una porzione di crosta oceanica (a causa della sua maggiore densità rispetto a quella continentale). Durante questo lento ma costante fenomeno le rocce subdotte subiscono un progressivo aumento di pressione e temperatura che causa il rilascio dei fluidi che sono presenti nella crosta in subduzione (acqua e gas vari) che, risalendo all’interno della crosta continentale, provocano un abbassamento del limite di fusione delle rocce sovrastanti generando i magmi che andranno a formare gli edifici vulcanici in superficie; questo fenomeno spiega la differente tipologia di attività tra il Vesuvio e l’Etna, quest’ultimo caratterizzato da una genesi diversa rispetto al vulcano partenopeo. L’attività vulcanica del distretto flegreo, invece, è connessa agli eventi tettonici distensivi, sempre correlati alle dinamiche precedenti, che hanno determinato la formazione della depressione, compresa tra il M. Massico a nord e la penisola sorrentina a sud, che prende il nome di Graben della Piana Campana.

Tutta l’area del golfo di Napoli, quindi, è soggetta ad attività vulcanica e a causa dell’elevata densità abitativa viene considerata ad alto rischio. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) monitora attentamente il territorio tramite il suo distaccamento napoletano (Osservatorio Vesuviano) e grazie alle più recenti tecnologie frutto della ricerca scientifica e ad un elevato standard operativo che fanno del Vesuvio il vulcano più monitorato al mondo, siamo in grado di poter leggere i segnali precursori di un’eventuale eruzione vulcanica con ragionevole anticipo, permettendo quindi alle autorità di allertare per tempo la popolazione.

http://www.youreporter.it/video_Attivita_Vulcanica_subacquea

Paolo Mauri

AGGIORNAMENTO, 25 marzo

L’Osservatorio Vesuviano dopo un sopralluogo da parte del personale scientifico comunica in una nota preliminare che non si tratta di emissioni di gas di origine vulcanica stante i valori di Ph e temperatura delle acque. L’assessore regionale alla Protezione Civile, Edoardo Cosenza, con l’occasione precisa: “non si tratta di condotta fognaria, come risulta da qualche dichiarazione, bensì dello scarico dell’acqua dell’impianto di depurazione di Napoli Est”

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[…] Questa particolare caratteristica rende questi vulcani particolarmente esplosivi e quindi pericolosi per l’uomo: l’eruzione del Tambora, avvenuta il 10 aprile del 1815, si stima che causò all’incirca 60mila vittime solo in Indonesia, escludendo le vittime dovute agli effetti globali dell’eruzione stessa. […]

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