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Materie prime secondarie: in aumento il riciclaggio di fibre tessili  

by La Redazione
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La nuova consapevolezza green continua a spingere consumatori e produttori a interrogarsi sul futuro degli indumenti usati. Si stima che l’industria della moda, dove l’impiego di fibre tessili è da sempre ai massimi livelli, sia uno dei maggiori produttori di gas serra, e che in tutto il mondo solo una piccola parte degli indumenti dismessi venga intercettata e riciclata. Secondo uno studio pubblicato da Forbes, sono oltre 90 milioni le tonnellate di rifiuti tessili che ogni anno finiscono negli oceani o nelle discariche, dove la decomposizione delle fibre, e in particolare di quelle sintetiche, oltre a disperdere un enorme quantitativo di CO2 nell’ambiente, può non avvenire mai del tutto.

Perché riciclare fa bene all’ambiente

Il riciclaggio delle fibre tessili sintetiche e naturali aiuta a salvaguardare l’ambiente, poiché contribuisce a ridurre l’utilizzo di acqua ed energia necessari per la realizzazione di nuovi capi. Il ciclo di produzione di prodotti tessili vergini richiede, infatti, grossi quantitativi di risorse – sia in termini di lavorazione che di trasporto – mentre il riciclo, oltre a consentire un chiaro risparmio di materie prime, permette di ridurre in maniera significativa l’utilizzo di coloranti. Proprio per questo, è sempre più importante poter contare su un sistema di riciclaggio costante ed efficiente, che possa avere un impatto significativo sui rifiuti e puntare sulla produzione di Materie Prime Secondarie (MPS), etichettate con il termine End of Waste.

Fibre tessili sintetiche e naturali riciclabili

Gli impianti di riciclaggio consentono la lavorazione e la reimmissione nel mercato di tessuti di tutti i tipi, come quelli composti da fibre naturali quali il cotone, la lana e la viscosa, e quelli ottenuti con fibre sintetiche, cioè tutti quei materiali tessili che vengono prodotti in laboratorio, come il nylon poliammide, il poliestere e l’acrilico. Il processo che conduce al riciclo delle fibre tessili sfrutta infatti il cosiddetto cascame, cioè gli tutti gli scarti di lavorazioni provenienti da calzifici, laboratori tessili, sartorie e tessiture, spesso accumulati senza alcuna distinzione. Una volta prelevati, tali residui raggiungono l’impianto predisposto al riciclaggio, dove vengono sottoposti a un’accurata selezione preliminare e imballati con una pressa di tipo idraulico.

Le fibre tessili sintetiche: usi e caratteristiche

Le fibre tessili sintetiche, così denominate poiché prodotte dall’uomo, si distinguono da quelle naturali poiché particolarmente adatte ad alcuni usi specifici. Il poliestere, ad esempio, spesso tessuto assieme alle fibre di cotone per ottenere un prodotto resistente agli agenti esterni, è particolarmente adatto alla produzione di abbigliamento sportivo, mentre gli elastomeri, grazie alle capacità elastiche di adattarsi alle sollecitazioni senza perdere la loro forma originale, sono adoperati per produrre calze o indumenti aderenti. L’acrilico, in un primo tempo utilizzato principalmente per la produzione di fiocchi, oggi è invece molto gettonato nel mondo della moda, dove viene filato assieme alla lana per ottenere capi voluminosi, morbidi e leggeri.

Come vengono riciclate le fibre tessili sintetiche

Il processo di riciclo delle fibre tessili sintetiche, naturalmente, è molto diverso da quello utilizzato per il recupero delle fibre naturali. Le fibre prodotte dall’uomo, anche note come Tecnofibre, vengono infatti selezionate dal resto del cascame e divise in base alla composizione, a seconda che si tratti di nylon poliammide, di acrilico o di poliestere. I materiali così suddivisi vengono sottoposti, in maniera separata ma attraverso procedure analoghe, a operazioni di pressatura, da cui si ottengono delle balle di prodotto omogeneo che vengono stoccate e rimesse in circolo sotto forma di Materie Prime Secondarie.

Riciclare fibre tessili naturali

Anche le fibre naturali, nel processo di riciclo, vengono suddivise in base alla tipologia e trattate con metodologie differenti. La lana selezionata dal cascame, ad esempio, viene sottoposta a un trattamento di pulitura e sgrassatura, in seguito al quale viene privata della coloritura e riportata alla sua tinta originale. In questa fase, il prodotto presenta alla vista una particolare lucentezza superficiale, che deriva dalle piccole scagliette sui filamenti che non sono invisibili ad occhio nudo. Naturalmente, a differenza di quelle sintetiche, le fibre naturali come la lana, prima delle operazioni di stoccaggio e di vendita, devono essere sottoposte a una lavorazione di sfilacciatura, un procedimento che le rende idonee a comporre nuovi tessuti e tornare così nel ciclo produttivo.

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