Roma, 12 ott – Oltre 9 milioni di italiani non ce la fanno e sono a rischio povertà: è sempre più estesa l’area di disagio sociale, secondo l’Unione nazionale di Imprese, o Unimpresa, associazione di rappresentanza trasversale di micro, piccole e medie imprese afferenti a tutti i settori – primario, secondario e terziario, fondata nel 2003 e che “nelle sue azioni si ispira ai principi della Dottrina sociale della Chiesa”.
Aumenta la povertà
Secondo lo studio di Unimpresa, da giugno 2014 a giugno 2015 altre 30mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia: complessivamente, adesso, si tratta di 9 milioni e 246 mila soggetti in povertà.
E non si tratta solo di disoccupati ma di ampie fasce di lavoratori con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi a una “enorme area di disagio”: agli oltre 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (740mila persone) sia quelli a orario pieno (1,66 milioni), nonché i lavoratori autonomi part time (802mila), i collaboratori (349mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,5 milioni), in tutto 6,1 milioni di persone con occupazione precaria o sottopagata.
Così che si arriva al totale di 9,24 milioni di persone, appunto in aumento rispetto a un anno fa di 30mila unità (+0,3%).
È proprio questa percentuale di aumento apparentemente piccola, relativa a un fenomeno tanto doloroso e rappresentativo e più volte affrontato su queste colonne, che più di tanti altri dimostra senza incertezze il fallimento del governo Renzi e delle sue tanto sbandierate quanto effimere e inutili riforme come proprio il Jobs Act.
Non solo povertà: anche gli occupati soffrono
Più che i disoccupati, è il dato degli occupati in difficoltà che preoccupa: da 6,11 milioni a giugno 2014 sono saliti a 6,14 milioni nel giugno scorso, ulteriore spia della grave situazione in cui versa l’economia italiana.
Longobardi e Unimpresa hanno centrato il punto: anche in prospettiva più ampia, abbiamo illustrato a fondo quanto la contrazione delle retribuzioni medie dei lavoratori siano un peso gigantesco per l’economia nel suo complesso.
È con davvero poca soddisfazione che prendiamo atto ancora una volta di quanto fossimo ancora una volta nel giusto sostenendo, poco più di un mese fa, che in realtà il governo Renzi, graziato dalla convergenza improbabile e irripetibile del basso prezzo del petrolio, della svalutazione dell’euro rispetto al dollaro e dalla politica finanziaria espansiva e a interessi zero della banca centrale europea, ha fatto anche in economia di gran lunga peggio di tutti i governi precedenti e, auspicabilmente, di tutti quelli futuri.
Francesco Meneguzzo