Roma, 9 mar – Fuggono dalla guerra. Per portarla in casa nostra. O almeno questa era l’intenzione di un richiedente asilo arrestato dalla Digos di Campobasso con l’accusa di istigazione alla commissione di delitti con finalità di terrorismo. L’uomo, un somalo di 22 anni, imam e richiedente asilo, voleva convincere altri profughi a diventare kamikaze, inneggiando ai vari movimenti jihadisti. Nelle intercettazioni diceva: “Cominciamo dalla stessa Italia, andiamo a Roma e cominciamo dalla stazione. La guerra ancora continua. Charlie Hebdo era solo il precedente di quello che sta succedendo adesso. C’è una strada più semplice, quella di attrezzarsi e farsi saltare in aria, che è la via più semplice”.
Per gli inquirenti non erano solo millanterie: “Abbiamo un riscontro tecnico preciso circa la possibilità che stesse organizzando un attentato a Roma”, ha detto il procuratore capo di Campobasso, Armando D’Alterio. L’uomo è stato bloccato in un centro di accoglienza a Campomarino. Gli inquirenti hanno accertato che oggi il ragazzo, richiedente asilo, sarebbe fuggito dalla struttura che lo accoglieva, probabilmente per andare a Roma. Nella sua stanza gli agenti hanno registrato con una telecamera nascosta l’uomo mentre visionava diversi video nei quali erano presentate immagini di attentati. Il provvedimento della procura spiega che l’uomo, “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, svolgeva reiterata attività di istigazione alla commissione di delitti con finalità di terrorismo, nei confronti di correligionari ospiti della struttura ‘Happy Family’ di Campomarino”.
Secondo gli inquirenti, il somalo “sfruttava la qualità di imam della locale comunità islamica per invitare alla Jihad contro gli infedeli; divulgava l’attività terroristica di stampo islamico, in particolare visionando, con alcuni di essi, ed esprimendo commenti elogiativi, immagini e filmati cruenti di azioni riferibili alle organizzazioni islamiche estremiste e riferendo agli astanti, alloggiati nello stesso centro, provenienti da zone prossime alle sedi del conflitto (Medio Oriente e Nord Africa) l’intenzione, una volta ottenuto il ‘passaporto’ (cioè la concessione dell’asilo politico in Italia) di recarsi in Siria a combattere”.
Giuliano Lebelli