Roma, 4 dic – L’inflazione e le politiche monetarie non sono un problema solo europeo. Anche in Giappone, in tempi di Abenomics, tengono banco.
A preoccupare il governo di Tokyo è, soprattutto, il basso livello dell’inflazione. Per quest’anno è prevista attorno allo 0.5%: un valore troppo esiguo per ragioni fiscali e di bilancio. A pesare è soprattutto l’immensa mole del debito pubblico nipponico (sul quale il paese paga comunque tassi irrisori), che senza l’aiuto del rialzo dei prezzi difficilmente potrà essere portato su un sentiero di discesa.
La strada tentata sino ad oggi per far ripartire il motore dell’inflazione – che se ben rodato può trascinare con sé un’intera economia – è stata la più convenzionale di tutti: stampare moneta, inondando il mercato di liquidità. Insieme a stimoli fiscali e svalutazione dello Yen, l’Abenomics ha così puntato forte sul quantitative easing à la giapponese. Risultati? Scarsi, come detto: nonostante l’apertura dei cordoni della borsa l’inflazione del Giappone è rimasta su livelli da prefisso. Esattamente quello che sta succedendo in Europa, anche se Draghi non sembra rendersene conto.
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E qui viene il bello. Sì, perché a detta di Olivier Blanchard, ex del Fondo monetario internazionale, la soluzione per il Giappone potrebbe essere quella di…alzare gli stipendi. “Il Giappone ha bisogno di avviare una spirale salari-prezzi. Tale spirale dovrebbe prendere avvio aumentando i salari nominali fra il 5 e il 10% nel 2016″, scrive l’economista francese in un articolo apparso sul Financial Times e del quale è co-autore insieme ad Adam Posen.
Chi è Olivier Blanchard? Professore al prestigioso Massachusetts Insititute of Technology, ha rivestito il ruolo di capo economista presso l’Fmi dal 2008 fino a maggio di quest’anno. In tale veste, si è contraddistinto per un approccio decisamente opposto rispetto alla crisi della sponda sud dell’eurozona. L’Fmi era, ad esempio, parte integrante di quella Troika che ha portato la Grecia nella situazione in cui si trova adesso, dopo anni di tagli indiscriminati, recessione se possibile peggiorata e…taglio dei salari. Taglio al quale si è assistito, sia pur indirettamente, anche per quanto riguarda Spagna e Italia, le due grandi malate sottoposte alla cura dell’austerity. E’ la svalutazione interna, unica strada da prendere quando non è possibile svalutare la moneta.
Due pesi e due misure. Lo ammette lo stesso Blanchard, che a chiusura dell’articolo scrive: “Questa non è una soluzione applicabile a tutti i paesi. Chiaramente non può essere utilizzata per esempio da quelli che si trovano in un regime di cambio fisso (gli aderenti all’eurozona, ndr)”. Il corollario sembra fin scontato..
Filippo Burla