La variazione congiunturale, spiega l’Istat, è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dell’industria e di un aumento nei servizi. Dal lato della domanda, il contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) è compensato da un apporto positivo della componente estera netta.
Nel 2014 il Pil corretto per gli effetti di calendario è diminuito nel complessivo dello 0,4%. L’economia tricolore, la terza dell’area euro, rimane la peggiore del blocco a 19 dopo la Grecia. Per trovare un trimestre con un incremento dell’attività economica bisogna risalire al secondo trimestre 2011. Cifre decisamente deludenti, se confrontate con quelle di Germania, Olanda e persino Ungheria e Portogallo. La Spagna, che ha pubblicato i dati un paio di settimane fa, ha visto una crescita trimestrale molto elevata, del +0,7%. La Grecia ha visto un calo del Pil del -0,2% a fine 2014. Sempre rispetto all’intero anno passato, Parigi è riuscita a crescere di appena lo 0,4%, mentre fanno meglio la Germania (+1,6%) il Portogallo (+1,4%) e l’Ungheria (+3,4% contro il +2,9% atteso a dimostrazione che si può far parte dell’Ue anche mantenendo la propria sovranità monetaria).
Ci si attende a questo punto un’inversione di marcia per l’Italia e non certo per meriti da attribuire al governo Renzi. I fattori che spingeranno all’insù il Pil italiano saranno difatti tutti da imputarsi a fattori esterni come la perdita di valore dell’euro nei confronti del dollaro che favorirà le esportazioni e il quantitative easing varato dalla Bce di Mario Draghi. Azione quest’ultima che avrà più che altro riflessi nei confronti dei tassi reali sui titoli a lungo termine. Un venticello per le vele dell’economia reale che rischia di restare ancora una volta nelle secche.
Giuseppe Maneggio
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[…] ma il quadro generale rimane a tinte fosche. E’ quanto emerge dall’analisi Istat che, dopo i dati preliminari diffusi in febbraio, fotografa definitivamente l’ultimo trimestre 2014 e tira le somme dell’anno […]