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Esercenti e artigiani, un decennio nero: dal 2008 chiusi 200mila negozi

by Salvatore Recupero
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negozio chiuso, fallito

Roma, 10 nov – Esercenti e artigiani hanno pagato caro il conto della crisi. Dal settembre 2009 ad oggi l’Italia ha perso 178.500 imprese artigiane e 29.500 esercizi al dettaglio. Questo è quanto emerge da uno studio della Cgia di Mestre. Ovviamente una saracinesca che si abbassa per sempre non ha la stessa risonanza di un licenziamento collettivo fatto da una grande impresa. Siamo, comunque, di fronte a un continuo stillicidio che indebolisce l’economia nazionale.

Una crisi che viene da lontano

Secondo Paolo Zabeo (coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia): “Dal 2007, anno pre-crisi, al 2018 il valore delle vendite al dettaglio nei negozi di vicinato è crollato del 14,5%, nella grande distribuzione, invece, è salito del 6,4%. Questo trend è proseguito anche nei primi 9 mesi del 2019: mentre nei supermercati, nei discount e nei grandi magazzini le vendite sono aumentate dell’1,2%, nelle botteghe e nei negozi sotto casa la contrazione è stata dello 0,5%”.  Secondo gli artigiani mestrini la causa principale di questa crisi è dovuta alla “contrazione” dei consumi delle famiglie pari a 21,5 miliardi.

Secondo il ricercatore dell’Ufficio studi, Daniele Nicolai: “A seguito di questa forte diminuzione dei consumi delle famiglie, la platea delle imprese artigiane e del piccolo commercio è scesa di numero. Tra il settembre 2009 e lo stesso mese di quest’anno le aziende/botteghe artigiane attive”, calcola lo studio, “sono diminuite di 178.500 unità (-12,1 per cento), mentre lo stock dei piccoli negozi è sceso di quasi 29.500 unità (-3,8 per cento). Complessivamente, pertanto, abbiamo perso oltre 200 mila negozi di vicinato in 10 anni“. Il calo del potere d’acquisto delle famiglie non basta a giustificare la crisi di esercenti e artigiani. Vediamo perché.

Il calo del fatturato è anche frutto della concorrenza sleale

I piccoli negozianti non hanno la forza di reggere la concorrenza di centri commerciali o delle grandi piattaforme per gli acquisti on line. La crisi, però, non colpisce tutti allo stesso modo. Ad esempio il fenomeno dell’abusivismo ha raggiunto livelli altissimi. Secondo la Confesercenti, solo nella regione Lazio, “La vendita dei prodotti contraffatti, a livello regionale, si aggira su due miliardi e 350 milioni, ma la complessità dell’abusivismo in generale fa arrivare il giro d’affari a dieci miliardi”. Il problema, però, non è solo l’economia sommersa. Le imprese costituite da cittadini stranieri, una realtà ormai strutturale nell’ambito del nostro tessuto imprenditoriale. Alla fine dello scorso anno ha raggiunto le 590 mila presenze, pari al 9,6% di tutte le imprese registrate sul territorio nazionale. Esse crescono quasi cinque volte più della media e, da sole, rappresentano il 42% di tutto l’aumento delle imprese registrato negli ultimi anni.

Se qualcuno pensa che sono più bravi degli italiani si sbaglia di grosso. I dipendenti, sono nella stragrande maggioranza dei casi, parenti o affini su cui si impone il potere del capo famiglia. Se poi arrivano i controlli della Guardia di Finanza si fa presto a cambiare gestione e a ricominciare daccapo.

Non siamo di fronte ad un fenomeno congiunturale

Non siamo in presenza di una crisi passeggera. Le misure prese dal governo per rilanciare la spesa delle famiglie non bastano. Ad ammetterlo è lo stesso segretario della Cgia, Renato Mason: “Sebbene la manovra 2020 abbia scongiurato l’aumento dell’Iva e dal prossimo luglio i lavoratori dipendenti a basso reddito beneficeranno del taglio del cuneo fiscale il peso del fisco continua essere troppo elevato. Inoltre, come dimostrano i dati relativi all’artigianato e al piccolo commercio, è diventato sempre più difficile fare impresa, anche perché il peso della burocrazia e la difficoltà di accedere al credito hanno costretto molti piccolissimi imprenditori a gettare definitivamente la spugna”. Tempi duri attendono esercenti e artigiani. La stretta sul contante e l’utilizzo della moneta elettronica colpirà chi già è in regola. I grandi evasori, come i colossi del web, continueranno ad arricchirsi. Alla fine si salveranno solo gli abusivi e i signori della grande finanza.

Salvatore Recupero

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1 commento

jenablindata 12 Novembre 2019 - 5:18

200.000 partite iva sparite…
e dietro ad ognuna di loro,c’era un imprenditore,
a volte una famiglia…
e spesso anche qualche dipendente.
ad occhio,una milionata di persone rovinate…
nel quasi totale silenzio di media e istituzioni che pensano solo a banche,dipendenti
ed spa:
e intanto questi bastardi che ci governano
NON solo NON proteggono le partite iva,ma sanno solo alzare tasse,mettere nuovi obblighi,
nuovi adempimenti,nuovi divieti,nuove incombenze,nuova burocrazia…ogni giorno,ogni giorno,ogni giorno.
….
mappork…
non credo che si rendano conto,di QUANTO…la pazienza sia agli sgoccioli,in questo paese.

personalmente,
io mi aspetto problemi da un momento all’altro:
ad una delle prossime imposizioni..
alla prossima multa,
alla prossima legge idiota e di parte,
al prossimo funzionario arrogante e imbecille che crede che tutto gli sia dovuto per il solo fatto di lavorare nel pubblico….
io non so quale sarà l’innesco,ma di una cosa sono sicuro,ormai:
un giorno di questi l’italia…
e in particolare questo stato letargico,
avrà un brusco e doloroso risveglio,e se anche non sarà
“bagnato” di sangue…
(cosa che non escludo,basta vedere il cile)
sarà comunque quanto mai scomodo:
basta che parta uno sciopero fiscale serio,
e in due mesi si va tutti a gambe per aria.
spero che ne siano contenti,dopo:
perchè una volta che parte,
l’italia non tornerà MAI PIU’ ad essere quello che era.

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