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Evasione fiscale: in arrivo un maxi condono per Google

by Salvatore Recupero
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google evasione condonoRoma, 5 mag– Google dovrà versare al fisco italiano circa trecento milioni di euro. Così la multinazionale americana sanerà un contenzioso fiscale di circa un miliardo. Inoltre, nell’accordo dovrebbe esserci “il riconoscimento della stabile organizzazione in Italia da parte di Google”, una condizione che consentirà al fisco di incassare regolarmente le imposte dovute nei prossimi anni. Dopo il caso Amazon, l’Italia pare voglia far valere le sue ragioni. Sembrerebbe una buona notizia, ma in realtà non lo è affatto. Vediamo perché.

Intanto, quest’accordo, che ha tutte le caratteristiche di un condono, recupera solo il trenta per cento del dovuto. Certo d’ora in poi Google promette solennemente di pagare le tasse in Italia fino all’ultimo centesimo. Chi, però, è disposto a credergli? Le multinazionali del web, infatti, possono contare, oltre che su enormi capitali, anche su una rete capillare di filiali distribuite in tutto il mondo che consentono di avere basi fisse nei paesi a più basso prelievo fiscale. Questi colossi del mercato globale si affidano a società di consulenza che offrono servizi particolari nell’ambito del diritto internazionale e della finanza, al fine di organizzare strategie appositamente mirate alla minimizzazione dell’impatto fiscale. Facciamo qualche esempio. Lo schema più utilizzato finora è il cosiddetto “Double Irish with a Dutch Sandwich”. In pratica, l’azienda simula che la vendita di un bene o servizio sia effettuata da una sussidiaria estera, con sede in paesi dalla fiscalità agevolata, come l’Olanda o l’Irlanda. Questo perché per la legislazione irlandese un’operazione del genere è tax free. I ricavi, quindi, non sono tassati.

Oggi, però, questo schema è un po’ logoro. Troppi ormai ne parlano. Le multinazionali dell’economia 2.0 cercano dunque di raggiungere degli accordi con le nazioni europee cercando di limitare i danni. Il problema, però, è che ci riescono benissimo. Torniamo ad analizzare il caso Italia. Google verserà al nostro erario circa trecento milioni di euro.  Troppo poco se pensiamo ai ricavi della corporate statunitense. Mountain View nel primo trimestre dell’anno ha registrato un giro d’affari globale di 24,7 miliardi di dollari e 5,4 miliardi di utili. Insomma, abbiamo rinunciato a rimpinguare il nostro gettito.  Tutto questo avviene mentre per aziende e professionisti si profilano nuovi adempimenti. Si parla di mini-dichiarazioni Iva trimestrali, o di spesometro trimestrale analitico. E bisognerà tener bene a mente le nuove scadenze: per omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati Iva trimestrali saranno applicate sanzioni fino ad un massimo di 1.000 euro a trimestre. Il fisco italiano è un po’ boldriniano: ostile con italiani e  benevolo con gli stranieri. E non è la prima volta che questo accade. Infatti, il trenta dicembre del 2015 l’Italia raggiungeva un accordo simile con la Apple. La società di Tim Cook a fronte di un’evasione stimata in 897 milioni di euro ha pagato solo 318 milioni. I numeri parlano da soli. In proporzione contro i grandi evasori diminuisco. Ci vuole una bella faccia tosta per spacciare questo accordo come un successo. Certo, il governo può sempre dire che da oggi si cambia registro: Google e tutti gli altri big della Gig economy dovranno pagare le tasse in Italia. In fondo, gli conviene.  Chi può fargli sconti così vantaggiosi?

Salvatore Recupero

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