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Roma, 15 lug – Il tanto atteso accordo sul nucleare iraniano, raggiunto ieri dopo anni di stasi e mesi di trattative, può dare una grande spinta all’export italiano nella regione. Fra i punti dell’intesa rientra infatti l’alleggerimento delle sanzioni internazionali, una sorta di embargo mascherato da parte di Usa ed Europa che l’Iran non è riuscito a soppiantare rivolgendosi ad altri partner. Il risultato è stata una contrazione dell’economia del paese, con la crescita del Pil non in linea con il periodo delle sanzioni e trasformatasi poi in recessione negli ultimi anni di crisi.
Insieme all’economia del paese, ad andare a picco sono state anche le esportazioni internazionali. Prima dei periodi di sanzioni l’Italia esportava più di 2 miliardi di dollari in beni e servizi, cifra quasi dimezzata da partire dal 2010/2011 in avanti. A sentire la crisi sono stati quasi tutti i settori, ma in particolare la meccanica strumentale che rappresenta ad oggi quasi il 60% dell’attuale quota di esportazioni, nella quale restiamo fra i primi posti. Nel periodo 2006-2018 la perdita cumulata sarà, al finale, pari comunque a circa 17 miliardi di euro.
Con il progressivo ridursi delle sanzioni si aprono però prospettive estremamente interessanti. A rivelarlo è uno studio firmato da Sace, il gruppo pubblico che si occupa delle assicurazioni sul commercio estero. “Se l’export italiano riuscisse a riproporre una crescita simile a quella osservata nel periodo pre-sanzioni (2000-2005) -spiegano da Sace- si raggiungerebbe infatti un livello di esportazioni superiore a 2,5 miliardi di euro nel 2018, tornando ad un livello appena superiore al picco pre-sanzioni raggiunto nel 2005”. In totale, salendo dagli 1,1 del 2014 ai possibili 2,5 del 2018, si tratta di circa 3 miliardi in un quadriennio. Il recupero non significherà tuttavia ri-guadagnare il terreno perduto, “considerato che concorrenti quali Cina, India, Russia e Brasile hanno subìto molti meno vincoli negli ultimi anni guadagnandosi una posizione importante all’interno del Paese”, spiega sempre Sace.
Filippo Burla
Roma, 15 lug – Il tanto atteso accordo sul nucleare iraniano, raggiunto ieri dopo anni di stasi e mesi di trattative, può dare una grande spinta all’export italiano nella regione. Fra i punti dell’intesa rientra infatti l’alleggerimento delle sanzioni internazionali, una sorta di embargo mascherato da parte di Usa ed Europa che l’Iran non è riuscito a soppiantare rivolgendosi ad altri partner. Il risultato è stata una contrazione dell’economia del paese, con la crescita del Pil non in linea con il periodo delle sanzioni e trasformatasi poi in recessione negli ultimi anni di crisi.
Insieme all’economia del paese, ad andare a picco sono state anche le esportazioni internazionali. Prima dei periodi di sanzioni l’Italia esportava più di 2 miliardi di dollari in beni e servizi, cifra quasi dimezzata da partire dal 2010/2011 in avanti. A sentire la crisi sono stati quasi tutti i settori, ma in particolare la meccanica strumentale che rappresenta ad oggi quasi il 60% dell’attuale quota di esportazioni, nella quale restiamo fra i primi posti. Nel periodo 2006-2018 la perdita cumulata sarà, al finale, pari comunque a circa 17 miliardi di euro.
Con il progressivo ridursi delle sanzioni si aprono però prospettive estremamente interessanti. A rivelarlo è uno studio firmato da Sace, il gruppo pubblico che si occupa delle assicurazioni sul commercio estero. “Se l’export italiano riuscisse a riproporre una crescita simile a quella osservata nel periodo pre-sanzioni (2000-2005) -spiegano da Sace- si raggiungerebbe infatti un livello di esportazioni superiore a 2,5 miliardi di euro nel 2018, tornando ad un livello appena superiore al picco pre-sanzioni raggiunto nel 2005”. In totale, salendo dagli 1,1 del 2014 ai possibili 2,5 del 2018, si tratta di circa 3 miliardi in un quadriennio. Il recupero non significherà tuttavia ri-guadagnare il terreno perduto, “considerato che concorrenti quali Cina, India, Russia e Brasile hanno subìto molti meno vincoli negli ultimi anni guadagnandosi una posizione importante all’interno del Paese”, spiega sempre Sace.
Filippo Burla