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Il Jobs act è un flop: solo un contratto su dieci ha creato nuova occupazione

by Salvatore Recupero
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ticket-renzi[1]Roma, 13 ago – Su cento contratti a tempo indeterminato stipulati nel 2015 solo il 9,5% (240.137) può essere classificato a pieno titolo come nuova occupazione”. Questo è quanto emerge dal rapporto di “monitoraggio sulla nuova occupazione generata dalle disposizioni normative contenute nel Job Act” realizzato dall’osservatorio statistico dei consulenti del lavoro.  A dare la notizia è stato, ieri, Franco Bechis su Libero. Il dato è frutto di un’attenta ricerca sui dati ufficiali forniti dall’Inps. Insomma, non si tratta delle stime dell’Istat. Qualcuno, infatti, ricorderà come su questo sito, a giugno scorso, veniva svelato il metodo con cui l’Istituto Nazionale di Statistica calcola il tasso di occupazione. Ricordiamo brevemente la storia. Un utente su twitter si chiedeva: Vorrei sapere come effettuate le statistiche io lavoro con un voucher da otto ore al mese cosa sono occupato o disoccupato?”. La replica ufficiale dell’Istat fu disarmante: “È considerato occupato se nella settimana di riferimento dell’indagine ha lavorato almeno un’ora, cfr Glossario”.

Lo studio effettuato dall’ordine dei consulenti del lavoro parte da ben altri presupposti. Le informazioni sono tratte dal campione delle comunicazioni obbligatorie integrate con dati INPS (CICO) che il Ministero del Lavoro mette a disposizione per scopi di ricerca. Il collettivo oggetto di analisi è costituto dai circa due milioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (1.956.049) registrati nel 2015 al netto delle trasformazioni. Dai dati dell’osservatorio sul precariato dell’Inps risulta che: “Le trasformazioni da contratti a tempo determinato a tempo indeterminato hanno visto un incremento nel 2015 del 73,4%, passando da 331.396 del 2014 a 574.646. Per tanto il numero di contratto a tempo indeterminato, incluse le trasformazioni, nel 2015 è stato pari a 2.530.695 unità”. I consulenti del lavoro, però, non si sono limitati ai soli dati del 2014. Per questa analisi è stato preso in considerazione un periodo relativo ai rapporti di lavoro subordinato, parasubordinato e di tipo autonomo in essere dal 2009. L’analisi in oggetto è più realistica delle altre in quanto, prende in esame lavoratori che non risultano mai registrati negli archivi INPS come autonomi o professionisti, né sono mai stati oggetto di comunicazioni obbligatorie (avviati, cessati, prorogati, trasformati) dal 2009. In tutti gli altri casi, i lavoratori oggetto di assunzione avevano avuto precedenti esperienze lavorative in qualità di dipendenti o collaboratori (1.489.850 pari al 58,9%), in qualità di professionisti o lavoratori autonomi (226.061 pari all’ 8,9%) o direttamente trasformati a tempo indeterminato (574.646 parti al 22,7%)”. Il dato che emerge lascia l’amaro in bocca. Infatti, secondo questo studio: “Su cento contratti a tempo indeterminato stipulati nel 2015 solo il 9,5% (240.137) può essere classificato a pieno titolo come nuova occupazione”.

Certo, duecentoquarantamila occupati rappresentano comunque un dato positivo. Gli effetti sul mercato del lavoro, però, sono pressoché nulli perché la gran parte dei nuovi dipendenti a tempo indeterminato, erano già occupati.

Ma, se contestualizziamo questo dato nel quadro dell’eurozona, l’effetto del Jobs act è addirittura negativo. Questa è la conclusione a cui è giunto Franco Bechis mettendo  in relazione gli ultimi dati sull’occupazione forniti da Eurostat e del tasso di disoccupazione prima dell’insediamento del governo Renzi. Bechis rileva che: “Nel gennaio 2014, l’ultimo mese prima dell’inizio del governo di Matteo Renzi, la disoccupazione italiana era al 12,9%, superiore a quella attuale. Ma, quella dell’area dell’euro era al 12%, cioè solo 0,9 punti inferiore. E quella media dei ventotto paesi dell’Unione europea era del 10,8%, cioè migliore di 2,1 punti rispetto al dato italiano. Quindi, fra il gennaio 2014 e il giugno 2016 la forbice fra Italia e area dell’euro sulla disoccupazione si è allargata di 0,6 punti percentuali e quella fra Italia ed Europa a ventotto si è allargata di 0,9 punti percentuali”.

Purtroppo, per Renzi le bugie hanno le gambe corte, e alla fine l’amara verità viene sempre a galla.

Recupero Salvatore

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