Lo studio effettuato dallโordine dei consulenti del lavoro parte da ben altri presupposti. Le informazioni sono tratte dal campione delle comunicazioni obbligatorie integrate con dati INPS (CICO) che il Ministero del Lavoro mette a disposizione per scopi di ricerca. Il collettivo oggetto di analisi รจ costituto dai circa due milioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (1.956.049) registrati nel 2015 al netto delle trasformazioni. Dai dati dellโosservatorio sul precariato dellโInps risulta che: โLe trasformazioni da contratti a tempo determinato a tempo indeterminato hanno visto un incremento nel 2015 del 73,4%, passando da 331.396 del 2014 a 574.646. Per tanto il numero di contratto a tempo indeterminato, incluse le trasformazioni, nel 2015 รจ stato pari a 2.530.695 unitร โ. I consulenti del lavoro, perรฒ, non si sono limitati ai soli dati del 2014. Per questa analisi รจ stato preso in considerazione un periodo relativo ai rapporti di lavoro subordinato, parasubordinato e di tipo autonomo in essere dal 2009. Lโanalisi in oggetto รจ piรน realistica delle altre in quanto, prende in esame lavoratori che non risultano mai registrati negli archivi INPS come autonomi o professionisti, nรฉ sono mai stati oggetto di comunicazioni obbligatorie (avviati, cessati, prorogati, trasformati) dal 2009. In tutti gli altri casi, i lavoratori oggetto di assunzione avevano avuto precedenti esperienze lavorative in qualitร di dipendenti o collaboratori (1.489.850 pari al 58,9%), in qualitร di professionisti o lavoratori autonomi (226.061 pari allโ 8,9%) o direttamente trasformati a tempo indeterminato (574.646 parti al 22,7%)โ. Il dato che emerge lascia lโamaro in bocca. Infatti, secondo questo studio: โSu cento contratti a tempo indeterminato stipulati nel 2015 solo il 9,5% (240.137) puรฒ essere classificato a pieno titolo come nuova occupazioneโ.
Certo, duecentoquarantamila occupati rappresentano comunque un dato positivo. Gli effetti sul mercato del lavoro, perรฒ, sono pressochรฉ nulli perchรฉ la gran parte dei nuovi dipendenti a tempo indeterminato, erano giร occupati.
Ma, se contestualizziamo questo dato nel quadro dellโeurozona, lโeffetto del Jobs act รจ addirittura negativo. Questa รจ la conclusione a cui รจ giunto Franco Bechis mettendoย in relazione gli ultimi dati sullโoccupazione forniti da Eurostat e del tasso di disoccupazione prima dellโinsediamento del governo Renzi. Bechis rileva che: โNel gennaio 2014, lโultimo mese prima dellโinizio del governo di Matteo Renzi, la disoccupazione italiana era al 12,9%, superiore a quella attuale. Ma, quella dellโarea dellโeuro era al 12%, cioรจ solo 0,9 punti inferiore. E quella media dei ventotto paesi dellโUnione europea era del 10,8%, cioรจ migliore di 2,1 punti rispetto al dato italiano. Quindi, fra il gennaio 2014 e il giugno 2016 la forbice fra Italia e area dellโeuro sulla disoccupazione si รจ allargata di 0,6 punti percentuali e quella fra Italia ed Europa a ventotto si รจ allargata di 0,9 punti percentualiโ.
Purtroppo, per Renzi le bugie hanno le gambe corte, e alla fine lโamara veritร viene sempre a galla.
Recupero Salvatore